“Free Congo DR. Stop the genocide“. Romelu Lukaku lancia il suo messaggio al termine del match contro il Feyenoord. L’attaccante ha postato sui social la foto della sua esultanza dopo il gol agli olandesi. Un’esultanza di denuncia: una mano puntata alla tempia a forma di pistola e un’altra a coprire la bocca. Il simbolo dell’accusa verso ciò che sta succedendo in Repubblica Democratica del Congo, paese natale della madre di Big Rom.
Il paese è da ormai diversi anni in una situazione di vera e propria guerra civile. Da questo febbraio si è però verificata una forte escalation di violenza. Le forze armate governative combattono le milizie ribelli M23 guidate sotto traccia (secondo fonti ufficiali delle Nazioni Unite) dai vicini rivali del Ruanda. Il 7 febbraio il gruppo armato ha attaccato la città di Shasha e tagliato le vie di traffico che collegavano le città di Goma e Bukaku, due tra le più grandi del paese.
Al centro degli scontri vi sono le risorse minerarie del paese. Diamanti, coltan, oro, cobalto, rame, niobio. Ricchezze che da parecchi anni sono fonte di conflitti e crisi umanitarie. Secondo le Nazioni Unite, dal 1998 ad oggi la guerra ha portato circa 6 milioni di morti.
Durante l’ultima edizione della Coppa d’Africa era stata la stessa nazionale della DR Congo a ripetere la postura di Lukaku, quella volta durante l’inno. “Tutti vedono i massacri nel Congo orientale. Ma tutti tacciono. Metti la stessa energia che metti nel parlare della Coppa d’Africa per evidenziare ciò che ci sta accadendo”, ha scritto su X il 5 febbraio scorso l’attaccante Cedric Bakambu.
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