Checco Lepore si racconta ai nostri microfoni: il suo futuro, il Lecce e il rapporto con Graziano Fiorita.
Centosessantotto presenze, ventidue gol e diciannove assist con la maglia giallorossa: una carriera iniziata proprio lì, nei campetti vicini al “Via del Mare”. Checco Lepore, il figlio di una terra che lo ha cresciuto e accompagnato fino ad arrivare nel grande calcio, in quello che era ed è tuttora il suo sogno.
Classe ’85 ma guai a ricordargli le cifre sulla carta d’identità. Un tuttofare in ogni zona del campo, oggi all’Altamura ha ritrovato Mangia, dopo la vittoria del campionato di C nel 2008.
Una volta completato il percorso delle giovanili con il Lecce, si trasferisce al Nord, dove lavora in fabbrica per riuscire a sostenere le spese di tutti i giorni: “A diciott’anni lasciai Lecce e andai al Nord. Mi avevano detto che lì c’erano più possibilità per i giovani, così partii. Mi davano 500 euro al mese, con vitto e alloggio in un garage. La mattina lavoravo in una fabbrica di plastica e la sera mi allenavo. Non mi pesava, anzi, mi ha fatto capire il valore del sacrificio e del lavoro“.
Poi il ritorno a Lecce e la promozione in Serie A: “Segnai subito all’esordio in Serie B, era il sogno di un bambino. Poi a marzo mi ruppi la caviglia: saltai le ultime dieci partite. Quando Giacomazzi alzò la coppa, me la passò e mi disse ‘Portala tu sotto la curva, te lo meriti’. Non lo dimenticherò mai”.
Checco Lepore ha ancora tanto da dare: lo dicono i numeri, le prestazioni in campo, e soprattutto la passione che dimostra ogni giorno per questo sport. Per il futuro, Lepore ha già le idee chiare: “Finché sto bene giocherò. Nel frattempo ho preso il corso da team manager e club manager, così da prepararmi per il futuro. So che a Lecce non hanno un club manager, e se ci fosse un’occasione la prenderei al volo. Poi mi piacerebbe diventare direttore sportivo, e appena potrò farò il corso”.
Ed è proprio al Lecce, sulla squadra del suo cuore che Lepore rivolge il pensiero, e racconta il suo punto di vista in merito alla stagione attuale: “Ogni anno a Lecce si parte con critiche e dubbi, e poi quando arrivano i risultati siamo tutti a festeggiare. Io dico che bisogna stare uniti, sostenere la squadra e la società fino alla fine. Negli ultimi anni il Lecce ha sempre alzato l’asticella salvandosi, e con Sticchi Damiani, Corvino e Trinchera siamo in ottime mani“.
Checco Lepore continua così: “Una società così è una fortuna nel calcio di oggi. Gli errori li fanno tutti, ma se sono fatti per il bene della squadra si accettano. Di Francesco è un allenatore bravo, e la squadra gioca bene. Sarà difficile come sempre, ma il Lecce non si farà trovare impreparato”.
“Un fratello”, con un nodo alla gola e gli occhi lucidi, Checco Lepore ricorda colui che lo ha visto crescere umanamente e calcisticamente: “Graziano per me era come un fratello. Siamo cresciuti insieme nel settore giovanile e poi ci siamo ritrovati in prima squadra. Era la storia del Lecce, insieme al dottor Palaia”.
E sempre su Graziano: “Era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Preciso, ordinato, amava il Lecce in modo viscerale. Rispetto e condivido la scelta di intitolargli il primo campo del nuovo centro sportivo. È un gesto bellissimo, e tutti noi dobbiamo continuare a stare vicino alla sua famiglia“.
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