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Il 29, i gol nei derby e… gli asini: Kai Havertz trascina l’Arsenal

Gli uomini, in certi momenti, sono padroni del loro destino”, diceva Shakespeare nel ‘Giulio Cesare’. 
Ecco in questo momento, l’Arsenal di Arteta non può certo dire la stessa cosa. Dopo la sconfitta del 14 aprile contro l’Aston Villa di Emery, infatti, il destino dei Gunners dipende anche (e soprattutto) dai risultati del Manchester City.

 

L’Arsenal però, come ben dimostrato nel 5-0 al Chelsea e nel 3-2 al Tottenham, non vuole mollare e tenterà fino alla fine di mantenere la vetta (i Citizens sono a -1 ma con una partita in meno) per riportare la Premier del Nord di Londra a 20 anni di distanza dall’ultima volta. Come? Con le chiusure di Rice, gli assist millimetrici di Ødegaard e le parate di Raya. Ma anche e soprattutto con le giocate decisive di Kai Havertz, a segno tre volte nelle ultime due gare.

Kai Havertz, l’uomo in più di Arteta per fronteggiare il City

12 gol e 6 assist in Premier League. Miglior stagione realizzativa personale, già meglio delle tre passate al Chelsea. Non tutto, però, era cominciato bene: 1 gol (su rigore, ceduto da Saka per volere di capitan Ødegaard) e 1 assist nelle prime 12 di campionato con i Gunners. L’inizio da mezz’ala sinistra, poi la panchina e i pochi minuti da subentrato, dando il cambio al centravanti titolare. Le cose per Havertz non si erano messe bene, con l’Emirates non convinto del suo acquisto. 

 

Poi la svolta grazie anche a Julian Nagelsmann, ct della Germania. A metà tra il genio e la pazzia, l’ex allenatore del Bayern, in amichevole contro la Turchia a novembre, lo schiera terzino sinistro. Risultato? In gol dopo 5 minuti. “Kai non sarà sempre in quella posizione: ho molte idee per lui perché è un calciatore eccezionale. È veramente un’ottima opzione”, rassicura intanto il ct. A dire la verità, però, alcune sue giocate da vero numero 10 ma con i piedi sulla linea laterale sembrano mostrare nuovamente il Kai Havertz ammirato al Leverkusen. 

Il percorso diventa in discesa anche in campionato. Nelle 21 presenze successive, infatti, arrivano 10 gol e 4 assist, di cui molti decisivi. Come se quella partita confinato a fare il lavoro sporco gli fosse davvero servita a sbloccarsi. 

Il 29, le cose importanti, i suoi cani e… gli asini

Mente sgombra e cuor leggero, dentro e fuori dal campo. “Il calcio? Ci sono almeno 100 cose più importanti nella vita”, dice in un’intervista al Guardian risalente ai tempi del Chelsea. Il tutto accompagnato da una forte passione per gli animali. A partire dal pastore tedesco di quando era piccolo che ha stampato sui parastinchi, fino ad arrivare ai suoi cani Pooch, Summer e Balou. 

 

Ma non solo, il suo soprannome dai tempi dei Blues è diventato “donkey”. Asino. “È un animale davvero calmo: mi ci rivedo. Si rilassano tutto il giorno, non fanno granché, vogliono solo vivere la loro vita. Li amo” ha dichiarato, sempre nell’intervista già citata.
E questa calma, il classe 1999 con il 29 sulle spalle (il 10 era occupato), la porta ogni volta in campo. Dopo il doveroso periodo di ambientamento, Havertz non si ferma più e, grazie soprattutto agli assist di Ødegaard, continua la rincorsa al titolo.

Simone Bianchi

Classe 2002, nato nel Varesotto. Cresciuto tra un record del mondo di Michael Phelps e un tackle difensivo di Vidić. Qualche soddisfazione tolta nel nuoto, meno nel calcio. Per riassumerla in breve, come dice Ligabue: “Nato senza i piedi buoni”. Ora inseguo quel sogno, diventato obiettivo, di raccontare lo sport a tutto tondo, per trasmettere quelle emozioni che mi hanno cresciuto fin da bambino.

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