Interviste e Storie

90′ minuti a fiato sospeso: Inter-Lazio vissuto da San Siro

La si percepiva appena si salgono i gradini delle tribune di San Siro. Era un’aria diversa. Elettrizzata e adrenalinica. Impossibile rimanerci impassibili.

I motivi erano tanti. Era l’ultima stagionale a San Siro. Era l’ultima della squadra di Inzaghi davanti ai suoi tifosi prima della finale di Monaco di Baviera. Sarebbe potuta essere la partita del sorpasso. Inter-Lazio è andata oltre le aspettative. A Milano è successo di tutto e in poco più di 20 minuti le sorti del campionato si sono ribaltate continuamente.

È stata la partita del e dal fiato sospeso. Il fiato sospeso del gol di Pedro prima annullato e poi convalidato. Il fiato sospeso del rigore assegnato grazie all’intervento del VAR per il tocco con il braccio di Bisseck. Il fiato sospeso per il controllo sul potenziale vantaggio di Arnautovic nel recupero.

E tutto lo stadio ha vissuto tutti gli istanti della gara, modulando i propri battiti e le proprie emozioni in base al corso degli eventi. Incontenibili nei momenti delle due reti nerazzurre, avvolti da una rumorosa incredulità.

Il sogno del controsorpasso sul Napoli stava assumendo sempre più i tratti della realtà nella mente e nei cuori dei tifosi nerazzurri. Un crederci che aumentava con il passare dei minuti. Cresceva, come crescevano i decibel del Meazza. Quei decibel che si sono abbassati in pochi secondi con il rigore realizzato da Pedro e il fischio finale. Quel sogno è svanito dalle mani del mondo nerazzurro. Quel sogno è tornato, una volta ancora, nelle mani del Napoli.

L’allenatore dell’Inter, Simone Inzaghi (PHOTO CREDITS:Andrea Rosito)

I decibel di San Siro

San Siro alza fin da subito i suoi decibel. Lo fa già dai minuti prima del fischio iniziale. Lo fa come nelle sue serate migliori. Il Meazza si veste da tifoso, circondandosi e avvolgendosi in un’aria fatta di magia e speranza. Contro la Lazio è l’ultima partita stagionale a Milano. Un momento per salutare e sostenere un’ultima volta la squadra prima della finale di Champions. Ed è, soprattutto, un’opportunità per credere nel sogno scudetto. Il popolo nerazzurro lo sa. Mancano pochi minuti al fischio iniziale, il volume dello stadio sembra già raggiungere la sua massima intensità.

La partita inizia. C’è chi canta, c’è chi parla con la persona seduta accanto e chi ancora guarda il telefono. Ognuno trova un suo modo per stemperare e viversi la tensione dei 90′. Il tifo è incessante, ma sono gli episodi a cambiarne l’espressione. Prima la parata di Sommer su Isaksen. Un intervento che vale come un gol ed è così che San Siro lo festeggia. L’urlo è assordante. La felicità si unisce alla paura scongiurata. E’ tempo dell’intervallo. Manca un solo calcio d’angolo da battere. La palla arriva a Bisseck. Lo stadio esplode di gioia. L’arbitro fischia la fine del primo tempo. Un primo sguardo va al campo, l’altro, per ogni tifoso, va sul cellulare ed è, naturalmente, diretto a Parma. Il Napoli pareggia, l’Inter è prima in classifica.

Inter, Bisseck (Imago)

Un assordante silenzio

La vera partita, però, si gioca nel secondo tempo. O meglio, nell’ultima parte del secondo tempo. Cambia tutto e lo fa più volte. Il risultato, la classifica, l’umore di un popolo intero. Al 72′ il primo turning point. La Lazio trova il pareggio con Pedro, ma la bandierina si alza per fuorigioco di Vecino. Il gioco si ferma, si controlla al VAR. C’è un nuovo sentimento che abita gli spalti del Meazza: la paura. C’è chi la manifesta con i fischi e chi con il silenzio. Il tempo è sospeso. È gol. 1-1, i nerazzurri tornano alle spalle del Napoli. Il pubblico, però, si riprende e lo fa con coraggio. I decibel si rialzano, San Siro ci crede. L’Inter dà vita e colore all’entusiasmo e alla speranza dei suoi tifosi e ritrova il vantaggio con il solito Dumfries. È estasi. “Ma quanto fa il Napoli?”. “Pareggia”. “Siamo primi”.

La serata di San Siro sembra assumere i tratti di un perfetto e pazzo disegno. Ma quel disegno, negli ultimi minuti resta solo pazzo. Al 90′ Bisseck tocca il pallone con un braccio. Chiffi fa continuare, ma il VAR lo richiama e corre al monitor. Succede di tutto: i fischi di San Siro riempiono l’atmosfera, le panchine di entrambe le squadre si alzano. Il risultato? Rigore assegnato e Inzaghi e Baroni espulsi. Guarderanno il finale insieme, dirà poi l’allenatore biancoceleste. Sul dischetto si presenta Pedro: doppietta e pareggio. Ma non è ancora finita. C’è ancora spazio per nuove speranze seguite da strazianti delusioni. Il protagonista è sempre Arnautovic. Prima un gol sbagliato, poi un altro annullato per fuorigioco. Un altro momento di attesa. Il fiato di tutto lo stadio è sospeso. Il VAR conferma la decisione. Intanto, a Parma viene prima assegnato e poi tolto un calcio di rigore. La partita a Milano finisce. Le persone lasciano il Meazza. La tristezza è la sfumatura prevalente sui loro volti. Alcuni restano seduti sugli spalti, fischiando quando sul maxischermo riappaiono le immagini dei gol biancocelesti. Tutto in pochi minuti. Entusiasmo e adrenalina, il sogno scudetto mai così vicino. Delusione e amarezza, con quel destino che, una volta ancora, è sfuggito dalle proprie mani. San Siro saluta l’Inter. E lo fa con un lento e assordante silenzio.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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