Dopo la prima qualificazione ai Mondiali avvenuta nel 2002 e quella a Germania 2006, la passione e l’entusiasmo per il calcio sono aumentati in Ecuador. Nel 2008 è stato girato il documentario ‘Mete gol, gana!’, che racconta le storie dei bambini della Valle del Chota, una delle regioni più povere del Paese con popolazione afroamericana, ma nella quale sono cresciuti Agustín Delgado, Ulises de la Cruz ed Édison Méndez. Tre giocatori che hanno preso parte al Mondiale e hanno giocato in Europa, nonostante le difficoltà economiche, la discriminazione e le poche opportunità che offre la loro terra situata tra Quito e la frontiera colombiana.
Tra i niños che compaiono nella pellicola c’è anche Romario Ibarra, che indossa una maglia gialla fluo e il 10 sulla schiena, in un campo di terra. 14 anni dopo, il classe 1994 si appresta a giocare la sua prima Coppa del Mondo con quel numero di maglia.
Il minore di quattro fratelli, suo padre René lo ha chiamato così in onore dell’ex attaccante brasiliano. La passione per il calcio è tanta nella famiglia Ibarra, visto che suo cugino Johvani era il secondo portiere dell’Ecuador al mondiale 2002. Suo fratello Renato invece milita nel Tijuana, ma in passato ha giocato in Europa nel Vitesse e insieme hanno condiviso lo spogliatoio della nazionale. Renato vanta una presenza a Brasile 2014 contro la Francia e nel 2020 è stato arrestato per violenza di genere nei confronti della propria compagna incinta.
L’esterno offensivo del Pachuca arriva in Qatar nel momento migliore della sua carriera, dopo aver vinto il campionato messicano con una doppietta in finale contro il Toluca, grazie anche ai consigli del preparatore fisico dei Tuzos, Valenzuela: una dieta più ricca di frutta e verdura, niente fritto e farina. 3 gol in 25 presenze con La Tri per l’ex Minnesota United, dei quali uno contro l’Argentina dopo appena un minuto nell’ultima giornata delle Eliminatorias. Una rete che aveva spaventato non poco la nazionale di Sampaoli, prima che si scatenasse Messi con una tripletta.
Dribbling, accelerazioni, assist e gol, ma non solo per l’attaccante nato ad Atuntaqui, conosciuta come la Capital de la Moda per la sua produzione tessile. I suoi video dei balletti sono diventati virali sui social, come fa anche nelle esultanze. Se non fosse diventato calciatore avrebbe fatto il musicista in un gruppo della sua città. Lo ha rivelato in un’intervista con uno youtuber messicano. Soprattutto il rap è la sua grande passione, come dimostra il suo look fuori dal campo con catene, 7 tatuaggi e la sua bio su Instagram: “I love rap. Sean bienvenidos a un mundo mental”. Tra i suoi hobby fuori dal campo ci sono le auto d’epoca, i combattimenti tra galli e le scarpe da tennis: ne ha più di 60 paia nell’armadio. A Doha non le ha portate, bastano una maglia gialla e degli scarpini, le stesse cose che indossava da bambino, quando giocava con la speranza di realizzare quel sogno che oggi è diventato realtà.
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