Tra un allenamento e l’altro a Vigo in vista dell’inizio della stagione in Colombia, ma con la testa e il cuore a Roma. Sono trascorsi già 5 giorni dalla scomparsa di Mihajlovic, ma il dolore rimane. “Qualche giorno prima ho saputo che la situazione si era aggravata: sono rimasto sorpreso. Credevo stesse recuperando: è stato uno shock, un colpo durissimo. È un grande dispiacere”. Così Iago Falque a Gianlucadimarzio.com.
La miglior versione dello spagnolo si è vista con l’allenatore serbo in panchina. 21 gol, 10 assist in 57 presenze per l’attuale attaccante dell’America de Cali con cui ha rinnovato da poco per il prossimo anno. “Lui mi voleva al Torino, ricordo che mi aveva chiamato 2-3 volte. Dal primo giorno ho ricevuto stima da parte sua: sembrava sempre uno molto duro, esigente, ma in realtà era un buono, con il suo carattere…Una perdita molto dura e triste per tutti quello che lo hanno conosciuto. Ha saputo leggermi meglio degli altri mentalmente e in campo: mi dispiace tanto”.
Un tridente da 48 gol quello composto da Iago, Ljajic e Belotti. “Penso che i tifosi del Torino se lo ricordino. Giocavamo bene, quei momenti rimangono: tutti i ricordi con Sinisa sono molto belli, anche da avversari quando ci siamo ritrovati dopo. Gli ho scritto quando ha avuto la malattia, ma non siamo rimasti con un contatto così stretto. Mi sarebbe piaciuto andare al funerale, ma non ce l’ho fatta. Avevamo un rapporto sincero: pretendeva molto da me, ma mi ha sempre dato tanto. È sempre stato diretto e onesto, con le sue idee e nel suo modo di trattare le persone”.
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L’esperienza al Torino di Sinisa si è conclusa nel 2018 con l’esonero, ma con la visita della squadra in hotel: “A volte le cose finiscono, era una situazione complicata. Ha lasciato un bel ricordo: la squadra gli voleva bene e per questo i miei compagni sono andati a trovarlo di sera, mentre io ed altri lo abbiamo incontrato il giorno dopo: era ben voluto da tutti per la sua sincerità, nel bene e nel male”.
Quattro anni sono passati dall’ultima stagione con l’allenatore serbo, ma Iago non dimentica i suoi insegnamenti: “Da lui si impara a non aver paura di nessuno: anche se giocavamo contro la squadra più forte al mondo pensavamo sempre di poter vincere. Questo era una delle sue virtù più grandi. Credo abbia sempre vissuto così. Ha lottato fino alla fine, purtroppo quella malattia di m***a lo ha portato via”.
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