Categories: Interviste e Storie

La A, le olive e la pizzeria in Islanda, Hallfredsson: “C’è vita oltre al calcio”

Aprire un’attività agroalimentare e una pizzeria mi ha dato una prospettiva oltre al calcio. È nato tutto da un’idea di mia moglie. È molto creativa. Lei è Pirlo, io Gattuso”. La voce di Emil Halfredsson è divertita e consapevole. L’ex giocatore dell’Hellas Verona risponde dall’Islanda. Dal suo ristorante “Olifa La Madre Pizza”, per la precisione. In sottofondo si alternano canzoni italiane “È Ultimo, si sente?”. Pochi secondi per percepire il legame tra queste due terre che vive in lui.
La sua è la storia di un bambino islandese che ha portato la sua Nazionale agli Europei e ai Mondiali per la prima volta nella storia. 

Era impossibile anche solo sognarlo. È stato un bel viaggio”. Nel mezzo gli anni in Serie A, Paul Pogba, le nuove attività, un futuro da agente e poco spazio per la negatività. Perché alla fine, ‘Þetta reddeast’. “È un motto islandese, significa ‘Andrà tutto bene’. Forse esageriamo, ma siamo fatti così… positivi”. 

 

“Oltre al calcio c’è vita”

Un po’ mi manca il calcio, soprattutto giocare grandi partite”. Il giardino ha sostituito San Siro: “Capitano delle partitelle in famiglia. E con i miei figli entro ancora in scivolata (ride ndr)”. L’addio a 39 anni: “Non è stato semplice. Con l’attività agroalimentare ho capito che non esiste solo il calcio”. Nel 2018 l’inizio grazie “a un’idea di mia moglie, vedendo che nei supermercati islandesi mancavano olio e altri prodotti di qualità”. Ed ecco che nasce “Olifa”. Chi ha pensato al nome? “Mia moglie naturalmente. Si è occupata della pubblicità e della comunicazione, è molto brava con i social. È stato un successo”. I campi tra il Garda e Verona per partire: “Siamo arrivati alla produzione e vendita di 70 prodotti provenienti da tutta Italia. Pesto, pomodori, miele…”. E ogni anno “andiamo a raccogliere le olive. Un modo per tornare in contatto con la terra”.

 

La pizzeria e Zidane

Il cibo era nel loro destino. “Io e mia moglie siamo dello stesso paese. Quando ero a Reggio Calabria la invitai a uscire. Quante buone cene…”. Il destino, appunto. “Dopo l’attività agroalimentare abbiamo aperto anche una pizzeria. Non ho mai provato a cucinare, però ogni tanto faccio il cameriere. La Nazionale spesso viene qui a mangiare”. E Halfredsson che pizza sarebbe? “La bomba di sapore, ma la mia preferita è la super piccante”, racconta divertito. Due attività che rappresentano passato e presente: “L’Islanda e l’Italia mi hanno fatto crescere. Ora cerco di restituire quanto mi hanno dato”. Ah, ma chi inviterebbe a cena nel suo ristorante? “Il mio amico Juanito Gomez o Zidane, il mio idolo”.

 

 

Þetta reddeast

Sono grato per il mio viaggio. Il lavoro e il sacrificio le mie coordinate”. Stagioni passate in Italia, con la scalata dalla C alla Serie A con l’Hellas: “Anni magici”. L’avversario più duro? “Forse Pogba, mi massacrò. Mi sembrava di essere un bambino”. E poi la Nazionale. Gli Europei in Francia dove “ci raggiunsero 90mila islandesi, un quarto della popolazione”. E i Mondiali in Russia: “Un orgoglio incredibile. Mi trovai a marcar Messi”. Negli occhi l’immagine del “Geyser Sound” con i tifosi dopo ogni partita: “Brividi”. Nel futuro un percorso da agente: “Collaboro con le due figure che mi seguivano. Vorrei aiutare i ragazzi islandesi a raggiungere l’Italia o altri grandi campionati”. E un ricordo per il papà perso nel 2014. “In me di lui c’è tantissimo. Mi seguiva ovunque, era il mio primo sostenitore”. Commozione e un sorriso. Þetta reddeast.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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