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“Se lo saltavo, mi stendeva”: Palermo e i tre mesi di Gattuso e Dybala

Tre mesi per conoscersi, capirsi, lasciarsi qualcosa. Così diversi, eppure si sono piaciuti da subito, in una realtà ben lontana da Napoli e Torino. Il Palermo del 2013 infatti è una squadra che deve risalire dalla Serie B e che sceglie di puntare su un allenatore emergente, alle prime armi: Gennaro Gattuso. Lo sceglie Zamparini personalmente, per il presidente è l’uomo giusto per riportare i rosanero in A. Lo annuncia due settimane prima di ufficializzarlo e gli attrezza una squadra che poi dominerà il campionato, ma senza di lui. Perché la sua esperienza in panchina dura poco più di tre mesi e in totale sei giornate di campionato, in cui colleziona 7 punti in sei gare. Poco tempo, per provare a lasciare un segno, ma con qualcuno c’è riuscito. Perché uno dei meriti che gli va riconosciuto è quello di aver creduto sempre e comunque nel talento di Paulo Dybala.

È molto allegro. Si vedeva che aveva un’altra marcia, aveva la gamba importante, quando calpesta l’erba lui la porta via, ha tecnica e velocità di esecuzione e pensiero”.

– Gennaro Gattuso, 6 marzo 2017, intervento a Sky Calcio Club

Gattuso presenta Napoli-Juventus: la conferenza

L’argentino era stato acquistato l’anno prima, in una stagione in cui nonostante le presenze anche di Ilicic, Kurtic, Miccoli, Abel Hernandez, il Palermo retrocede clamorosamente. Quando Gattuso raggiunge l’Austria con il resto della squadra per il ritiro estivo, si trova davanti un calciatore dalle qualità indiscutibili ma caratterialmente non così maturo. Ha bisogno di imparare a convivere con le avversità di una partita, con la durezza che gli altri calciatori gli riservano quando si accorgono delle sue abilità. Così comincia una vera e propria educazione, rigida ma molto formativa, fatta di contatti fisici al limite del consentito in allenamento, proprio tra Gattuso e Dybala.

Mi ha guidato solo per pochi mesi ma sì, mi ha insegnato a prenderle. In allenamento mi metteva trequartista e lui mediano: se lo saltavo, mi stendeva. Così ho imparato a gestire il contatto, a difendermi col corpo, ad anticipare gli interventi”.

Paulo Dybala, 24 dicembre 2015, intervista a La Repubblica

La Juve, Sarri e non solo: a tutto Dybala

D’altronde nessuno meglio di chi in campo sapeva darle, poteva insegnare a qualcuno come incassare. Quei tre mesi non hanno fatto la fortuna del Palermo, ma hanno contribuito a fare quella di Dybala. Lo spessore di un calciatore si misura anche così, nell’incisività che sa avere sempre e comunque. Quando si sono incontrati, non hanno nascosto l’affetto reciproco: un semplice abbraccio, una pacca affettuosa. Avversari ancora una volta, ma felici di incontrarsi. Quel poco di strada che hanno percorso insieme, quando erano tutti e due agli inizi, è stata indimenticabile.

In Argentina diciamo sempre ‘Pazzo nel senso buono’. Quando arrivò in Sicilia mi aiutò molto anche se la cosa non durò molto, ma ho tanti bellissimi ricordi. Magari non era sempre dolcissimo soprattutto durante gli allenamenti ma è fatto così”.

– Paulo Dybala, 20 gennaio 2020, intervista a Otro

Salvatore Malfitano

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