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Le partite a tedesca, la famiglia e l’Inter. Luca Frattesi: “Vi racconto mio fratello”

Un gol ogni 153’ tra Inter e Nazionale. Numeri da attaccanti. Numeri da Davide Frattesi. Giocare tutti i giorni a tedesca a Fidene alla fine ha pagato”, ha scherzato dopo la rete di petto contro Israele. “Da piccoli al campetto andavamo con papà o gli amici. Una volta mi eliminò con una rovesciata, che rosicata”, racconta divertito il fratello Luca. Ora c’è San Siro, prima “i corridoi di casa. Quante cose rotte”. “Ha da sempre la mentalità giusta. A 15 anni gli altri a ballare, lui riposava a casa. Ed è una persona speciale. In lui rivedo sempre i valori dei nostri genitori, non è cambiato”. Il trasferimento all’Inter e lo scudetto, la famiglia, un tapis roulant, partite a briscola e una scommessa con Luca. Cartoline che raccontano passato e presente.

Con un inserimento in area o rincorrendo un avversario, una continua corsa. “Davide vuole sempre arrivare prima”. Come contro l’Hellas con il gol scudetto. “Quel giorno l’abbiamo capito tutti”.

 

Essere fratelli

Davide, me ne vojo annà. Ho vinto”. Play riaccesa, nuova sfida. “È sempre stato un rosicone, non vuole perdere. A briscola un giorno siamo arrivati a 11 partite”. Oppure a FIFA: “Lui il Real di Ronaldo, io il Barça di Messi. E poi le figurine Panini. Le compravo, tempo di distrarmi e le ritrovavo attaccate sul suo album”.

Voglio un fratello”, la richiesta di Davide da piccolo. Desiderio esaudito. “Eravamo sempre insieme, ma quante me ne ha combinate”. Un esempio? “Ero sul tapis roulant e aumentò la velocità. Caddi e mi graffiai la guancia”. Poi il consiglio: “Era scatenato. Il pediatra propose a nostra madre di portarlo a calcio. E pensare che neanche voleva andarci”.

 

Ora lo guarda dagli spalti di San Siro: “Gestendo dei B&B e giocando a calcio non sempre riesco. Ruolo? Difensore centrale”. La paura dell’aereo “che mi ha attaccato, è terrorizzato” e un legame unico. “Lo amo come fratello. Non ti fa mancare nulla. Un esempio: sa che sono malato di Lego. Me li ha fatti arrivare direttamente dall’azienda”. Orgoglio e felicità colorano la voce di Luca.

 

Il lavoro, i cannelloni di nonna e la famiglia

La famiglia viene prima di tutto. Mamma e papà ci hanno insegnato il rispetto, l’umiltà e l’educazione”. L’esempio dei genitori: “Hanno continuato con le loro attività, nonostante Davide sia diventato un calciatore. Io ho fatto la stessa scelta”. E il rapporto con nonna Stefania: “Siamo molto legati, soprattutto dopo la morte del nonno. Tanti i pranzi da lei o i barbecue sul suo terrazzo”. Il piatto preferito? “I suoi cannelloni”. E a San Siro “si è fatta subito riconoscere alla festa scudetto”, racconta sorridendo. “Appena entrati in campo è andata da Marotta”. “Salve, sono la nonna di Frattesi”. Diretta ed energica, come il nipote.

 

Il tennis, l’Inter e una promessa

I primi anni divisi tra il calcio e il tennis, con la passione per Federer. “Doveva arrivare sempre primi nei test”. Competitivo di natura. “Più è forte l’avversario più si esalta”. E il vizio del gol: “Il segreto? Non so, ma da piccolo era un attaccante, quanto segnava”. Con l’Hellas la rete che più lo rappresenta. Per il momento, per l’energia, per com’è arrivata: “Ero allo stadio. Ho abbracciato un amico e siamo caduti per terra. E anche mio padre. A fine partita l’ho riempito di baci e preso in giro per l’esultanza in mutande”, ride Luca. In Sardegna insieme il giorno della chiusura con i nerazzurri: “Luca è fatta, andiamo all’Inter”. “È quello che voleva. Rimase impressionato da Barella e Calha. Un anno magico. Derby, scudetto e seconda stella: tutto perfetto”. Sulla concorrenza: “La vive come uno stimolo, sa di essere forte. Sono certo che giocherà tanto”.

Anche perché c’è una scommessa in corso: “La scorsa stagione gli avevo promesso che se avesse fatto 8 gol avrei smesso di fumare. Quest’anno ne deve fare 3 in Champions. Sono preoccupato, non perde due volte consecutive. Dovrò dire addio alle sigarette”. Parola al campo.

E in estate passando da quel campetto magari ricapiterà di rivederli giocare a tedesca. Perchè certe cose non cambiano. Davide non è cambiato. Un po’ rosicone, umile ed energico, l’amore per la famiglia e i suoi gol. A San Siro, come a Fidene.
Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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