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Fischi, rigori e gol: la pazza settimana di Vlahovic

Una sorta di Jim Carrey in Una settimana da Dio. Nel senso che per Dusan Vlahovic non sono stati sette giorni normali. Lunedì a Venezia i tifosi della Fiorentina lo avevano fischiato. Lui che, sotto il settore ospiti nei dopo partita, di solito era fra i più applauditi. Lui che a Firenze era arrivato appena maggiorenne, sentendosi amato da tutti e che nei momenti difficili trovava conforto palleggiando con Commisso alla fine degli allenamenti.

Tutto così strano per un ragazzo che, nel giro di qualche ora, da uomo squadra si è ritrovato ad essere un problema da risolvere. Colpa di un contratto in scadenza fra due anni e di un rinnovo che non si farà. Da lì lo sfogo del club e le prime contestazioni dei tifosi a Venezia, appunto. 

 

 

I fischi e il “caso” del rigore

I 20mila giudici del Franchi oggi lo preoccupavano. Il Cagliari gli rievocava bei ricordi, solo ad Atalanta e Sampdoria ha segnato di meno. In Sardegna ha esultato per la prima volta in Serie A, non male per un ragazzo che ama Ibrahimovic e che da bambino da Belgrado seguiva Jovetic, tanto da incollare dietro una maglia vuota il suo 35. La sentenza dei tifosi, però, è arrivata puntuale: qualche fischio quando Dusan è uscito dal pullman insieme ai compagni e quando lo speaker lo ha nominato prima dell’ingresso in campo. La maglietta mossa dal vento e il fiato di Ceppitelli sul collo, dura così sbloccarsi ed entrare in partita. Poi succede che il Var vede un tocco di mano di Keita su un angolo, spingendo l’arbitro Rapuano a fischiare il rigore per i viola.

La logica vorrebbe che a batterlo sia proprio Vlahovic. In fin dei conti lo ha sempre fatto fino ad oggi e anche bene, come dimostrano i tre tiri dal dischetto realizzati con Udinese e Atalanta. Fra Primavera, prima squadra e nazionale ne ha segnati 15 su 15, un cecchino. Però questa volta si batte sotto una Fiesole arrabbiata, che può intimorire anche un ragazzo cresciuto nei gironi infernali serbi. Biraghi, che ha otto anni in più di Vlahovic e che certi momenti li capisce, quasi da fratello maggiore si prende la responsabilità di calciarlo: “Non me la sento”, sembra giustificarsi Dusan con Torreira.

 

 

Vai a spiegarlo ai migliaia di fantallenatori che ogni settimana ne intasano la casella messaggi su Instagram e che in un attimo vedono sfumare un prezioso +3. Fatto sta che Biraghi segna e va ad esultare proprio sotto la curva. Vlahovic non lo segue, purtroppo sa che non sarebbe il benvenuto, ma chiude i pugni e abbraccia prima il compagno e poi Italiano. Da lì inizia un’altra partita. 

La perla su punizione e gli abbracci

 

 

A qualche minuto dall’intervallo da una sua apertura per Saponara nasce il raddoppio di Nico Gonzalez. A inizio ripresa c’è una punizione da bella posizione e questa volta la batte. Fa bene, perché segna (la sua prima in Serie A dopo otto tentativi) e chiude i conti (3-0 il finale). Ma, soprattutto, ritrova l’abbraccio dei tifosi, che esultano con lui e che lo applaudono quando riemerge dall’abbraccio di gruppo con cui i compagni lo hanno sotterrato. Venuti, che a Firenze ci è cresciuto, fa da direttore d’orchestra dalla tribuna.

Dusan si sfoga con un urlo liberatorio, come quando segnava nei campi di calcio a 5 in Serbia e lo chiamavano “il mini Van Basten”. Poi si avvinghia a Italiano, un secondo padre: “Ho fatto un allenamento con lui e ho deciso di restare qui”, spiegò in estate. Dai fischi di Venezia ai 90’ pazzi contro il Cagliari, sfociati nell’abbraccio finale con il direttore sportivo Daniele Pradè prima di infilarsi sotto la doccia. Montagne…serbe in una sceneggiatura da film hollywoodiano.

Redazione

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