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Finalmente United! Mourinho a Manchester tre anni dopo le lacrime e quella notte da incubo

“Ha pianto. Ha pianto!”. Quella notizia non poteva lasciare indifferente nemmeno uno come José Mourinho, che desiderava più di qualunque altra cosa ripartire dal Manchester United. Voleva essere l’erede di Ferguson, ma “il prescelto” non era lui. Sir Alex aveva scelto Moyes. Per il portoghese, la fama di manager unico e inimitabile, tutte le vittorie ed i trofei non erano abbastanza. E allora pianse.

Lo racconta il giornalista spagnolo Diego Torres nel suo libro Prepárense para perder. Era l’8 maggio 2013, Mou era (ancora per poco) l’allenatore del Real Madrid. I tabloid inglesi iniziavano a riportare che in pochi giorni Ferguson avrebbe lasciato i Red Devils dopo 28 anni e che lui stesso aveva già scelto il suo successore. Per anni, scrive ancora Torres, molti allenatori avevano intrecciato contatti privilegiati con la società inglese, per poter avere più possibilità di sostituire Sir Alex il giorno in cui avrebbe detto basta. “Nessun agente aveva stretto rapporti tanto importanti con Ferguson quanto Jorge Mendes. Nessuno più di lui era riuscito a far credere anche ai media che esisteva un successore designato. L’agente portoghese aveva lavorato perché tutti credessero che l’uomo giusto era proprio il suo assistito”. Lo stesso Mourinho pensava che lo storico allenatore dello United fosse, oltre che un alleato, un suo amico; più di una volta aveva parlato di lui definendolo un maestro e un padre calcistico. Evidentemente tutto questo non poteva bastare.

Ferguson aveva scelto un allenatore che non aveva vinto nulla e quando la notizia venne fuori, Mou iniziò a chiamare gli impiegati della Gestifute. “L’uomo più importante di tutta la compagnia era distrutto – si legge in Prepárense para perder – correvano le voci e alcuni lo avevano sentito singhiozzare al telefono”. A Madrid in molti ricordano quella notte tra il 7 e l’8 maggio di quell’anno: il Real era in ritiro allo Sheraton Mirasierra in vista della gara di Liga contro il Malaga, anche se i rapporti tra Mou e il mondo blanco erano già freddissimi. A partire da quella notte divennero praticamente inesistenti. José non aveva ricevuto nessuna chiamata da Ferguson, nemmeno un messaggio. Lo stesso Mendes (che conosceva la reale situazione) non gli disse subito la verità. Era ormai certo che il sogno di diventare l’erede di Ferguson era completamente svanito. Così gli vennero in mente le parole di Sir Bobby Charlton, che qualche mese prima parlando di lui, aveva dichiarato al Guardian che “era sì un buon allenatore, ma nulla più” e che “un manager dello United non avrebbe mai fatto certe sceneggiate in panchina”.

Mourinho chiese anche a Mendes di provare a bloccare tutto contattando direttamente lo United; David Gill, direttore esecutivo del club inglese, sapeva che il portoghese era sul mercato da un anno, ma la cosa non gli interessava. Nei giorni successivi, sia Mou che Mendes parlarono con Record e con Sky Sports, dicendo che entrambi sapevano della decisione di Ferguson, che avevano parlato con lui e che sia José sia sua moglie desideravano tanto tornare a Londra, al Chelsea. Meno di un mese dopo iniziò la sua seconda avventura in Blues – che si è poi chiusa come la prima. E poco più di tre anni dopo quella notte frenetica, oggi inizia ufficialmente la storia di Mourinho sulla panchina dello United. Non sarà il successore di Ferguson, ma sostituirà quel Louis Van Gaal che a Barcellona gli ha insegnato quasi tutto. Così come il Chelsea (che ha lasciato a fine stagione), allenerà una squadra che ha bisogno di ritornare là dove proprio Ferguson l’aveva lasciata.

L’annuncio è arrivato, dopo mesi di chiacchiere e di attesa. Mou ha dovuto aspettare più di quello che pensava, ma ora il futuro allo United è realtà. Niente più sconforto, solo la voglia di ricominciare e la gioia per aver raggiunto un nuovo traguardo tanto ambito. Magari avrà pianto anche questa volta, ma le lacrime avranno avuto tutt’altro sapore.

Redazione

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