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Quando la vendetta è servita gelida: il Bari stende il Verona e ottiene la rivincita in Coppa dopo 38 anni

Ad fontes redeunt longo post tempore lymphae. Col tempo l’acqua ritorna alla fonte. I latini già lo sapevano: la ciclicità della vita è inopinabile, e si palesa sempre sul lungo periodo. Certe volte, però, i loop temporali possono essere infranti. Per il Bari ci sono voluti quasi 40 anni per tornare al Bentegodi in una partita di Coppa Italia, questa volta spezzando un ciclo iniziato nella stagione 1983/84, quando fu proprio l’Hellas Verona a far tornare sul fondo una squadra che stava per volare in vetta all’Italia. Le parti si sono invertite: il galletto ha rimesso le ali

 

 

Hellas Verona-Bari, una rivincita arrivata dopo 38 anni

La vendetta, si sa, va servita fredda. O ancora meglio, gelida. Trentotto anni sono bastati al Bari per mettere nel congelatore la fatale sconfitta del 16 giugno 1984 al Bentegodi, quando i biancorossi guidati da Bruno Bolchi arrivarono in semifinale di Coppa Italia in un percorso folle e romantico. Quella squadra, al tempo in Serie C, riuscì a brillare sotto i riflettori di tutta l’Italia calcistica, superando prima la Juventus di Platini agli ottavi di finale e successivamente la Fiorentina. In semifinale fu proprio l’Hellas Verona di Osvaldo Bagnoli a tarpare le ali a una squadra che stava sfiorando l’impresa, vincendo prima a Bari e pochi giorni dopo al Bentegodi, col risultato di 3-1.

 

 

Oggi, però, dopo quasi 40 anni, era il momento di tirare fuori dal freezer il piatto dei ricordi e servirlo all’Hellas Verona. Il risultato? Un Bentegodi incandescente a tinte biancorosse – grazie ai 411 baresi presenti -, e la vendetta finalmente riscossa a distanza di varie generazioni. Saranno certamente felici Totò Lopez, Giovanni Loseto e tutti i protagonisti di quel Bari nell’aver letto sul tabellino il risultato di 1-4 nella gara del 7 agosto tra il Verona e i biancorossi.

Quando il gruppo colma il gap tecnico

Una vittoria maturata grazie all’orgoglio e alla solidità di un gruppo, prima che squadra. Già, perché mentre la rosa rappresenta ancora un cantiere aperto, con il DS Polito impegnato a cercare sul mercato gli ultimi innesti – tra cui un centravanti di rilievo – l’alchimia del Bari è già da Serie A. Lo ha dimostrato stendendo una squadra arrivata al nono posto lo scorso anno, grazie a un gruppo rimasto pressoché lo stesso rispetto all’ultimo campionato.

 

 

E insieme ai veterani, anche i nuovi acquisti brillano in questo calcio d’agosto. Oltre agli under Caprile, Benedetti e Cangiano, è stato l’ultimo arrivato Folorunsho a rimettere in partita il Bari e indirizzarlo sulla strada della rimonta, con un tap-in di testa che ha siglato il momentaneo pareggio dopo la rete del vantaggio dei gialloblù grazie a Lasagna. Da lì in poi, è salito in cattedra Walid Cheddira. Mentre Polito cerca il centravanti fuori dalle sue mura, in casa Bari l’italo-marocchino ha iniziato a battere il petto, dimostrando di essere temibile anche – e soprattutto – quando cresce la posta in palio. Una tripletta travolgente, in rima baciata con l’impeto dell’attaccante che ha spazzato via tutta la difesa dell’Hellas Verona. Ora i biancorossi approdano ai sedicesimi di finale, dove affronteranno la vincente tra Salernitana e Parma.

E probabilmente i 411 baresi presenti al Bentegodi – che invece di godersi il mare pugliese sono partiti in trasferta – già lo sapevano: i latini possono sbagliare. Non sempre la storia si ripete, questa volta l’acqua non è tornata alla vecchia sorgente. Andrà cercata alla fonte del Bari.

Credits foto: SSC Bari

Gabriele Ragnini

Piedi in Inghilterra e cuore a Bari, ma con la testa sempre “al pallone”. Classe 2001, laureando nella facoltà di Giornalismo alla “University of Leeds”, dove ho imparato a raccogliere notizie e storie dietro una videocamera, per poi riportarle in ogni modo. Televisione, radio o web: di questo mondo amo tutto, purché si parli di sport (con un occhio di riguardo al calcio e tennis). La mia ispirazione? Il mare. E anche con la penna in mano provo a galleggiare tra le tante emozioni che solo la scrittura può offrire.

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