Categories: Interviste e Storie

Tutte le strade portano a… Cittadella: la nuova vita di Mirko Antonucci

Quando lasci la città in cui sei nato e cresciuto, quella per cui tifavi da bambino e per la quale un giorno speravi di giocare, è un po’ come quando alla nascita i medici staccano il cordone ombelicale del neonato dalla madre. Comincia una nuova vita. Da zero. É quello che è successo a Mirko Antonucci, che dopo 10 anni di Roma, ha deciso di trasferirsi definitivamente al Cittadella.

Scovato giovanissimo da Bruno Conti e considerato come uno dei migliori talenti del vivaio giallorosso, dopo aver esordito in Serie A (con assist a Dzeko) e in Champions League (nella semifinale con il Liverpool), durante la gestione Fonseca trova poco spazio e anche su consiglio dell’allenatore si trasferisce in Portogallo, al Vitória Setúbal in prestito: “Sono andato all’estero ed è cominciata la pandemia. Non sapevo la lingua e dovevo adattarmi a una vita completamente nuova – ci ha raccontato ai microfoni di gianlucadimarzio.com – Abbiamo ripreso in estate dopo sei mesi difficili e a giugno ho segnato anche la mia prima rete”.

Il mondo addosso

Tutto sembra filare liscio, ma dopo la sconfitta per 3-1 contro il Boavista del 18 giugno gli crolla il mondo addosso. La società decide di terminare il contratto con lui dopo che insieme alla fidanzata aveva postato un simpatico video su Tik Tok: Non capivo cosa stesse succedendo. Ero contento dopo la e poi mi è arrivata la bastonata. L’allenatore – che fino a una settimana prima gli faceva i complimenti – mi ha bloccato su Whatsapp e non ho nemmeno avuto la possibilità di andare a parlare faccia a faccia con lui, mi hanno vietato di andare al campo. Mi hanno fatto passare per quello che non sono. Ma non ho rancore, sono cresciuto tanto e ho preso il meglio da quella brutta esperienza”. 

“Mi sentivo perso…”

Una carriera breve la sua, Mirko ha solo 22 anni, ma che come una pandemia, sembra essere durata un’eternità tra alti e bassi: “Sono tornato a Roma in estate e mi sono allenato fuori rosa. Poi un altro prestito, alla Salernitana”. In Campania solo 4 presenze nella stagione della promozione in A: “Non piacevo all’allenatore. Non giocavo, non mi allenavo… Insomma era come se fossi lì in vacanza. A Salerno ho toccato il fondo, ancora peggio del Portogallo. Le cose proprio non andavano, mi sentivo perso”. 

E allora chi è l’Antonucci che oggi gioca per un piccolo comune di Padova in cui ha già segnato 1 gol (contro il Pisa primo in classifica) e fornito 4 assist (di cui 3 a Orji Okwonkwo, leggi qui la nostra intervista all’attaccante nigeriano) in Serie B? La risposta è tutta nella propria testa: “Mi ha cambiato la vita il mio mental coach, Sandro Corapi. Ho cominciato a lavorare su di me e sulla mia personalità. Lui mi ha ridimensionato ed è stato il trampolino per il mio rilancio. Se riguardo indietro riconosco Mirko ma non come è adesso. Sono un’altra persona”.

Cambiare è come nascere di nuovo

Foto AS Cittadella 1973

Di quel ragazzo romano vispo e capellone è rimasto solo l’accento. Forse. La sua passione sono i manga e le sue serie preferite sono DragonBall e Naruto, di cui ha tatuato anche l’occhio rosso. Ma oggi è un uomo e a giugno si sposerà con Ginevra, la sua fidanzata e mamma di Sophie: “Io sono cresciuto senza papà e una figlia ti cambia tutto. Non esco spesso e ho legato tanto anche con i compagni che hanno bambini piccoli come me. Ginevra l’ho conosciuta su Instagram scrivendole che mi sembrava di averla già vista da qualche parte…”. Lei, come mamma Lucia e Paolo Paloni, il suo agente, sono le persone che gli sono state più vicine nel momento più buio. 

Quando le cose vanno bene sono tutti amici, quando vanno male le persone su cui puoi puntare le conti sulle dita di una mano. Mirko l’ha imparato sulla propria pelle. E sebbene il sangue della capitale frenetica gli scorra ancora nelle vene, vedi la scelta del numero 48 come quello dell’esordio con la Roma, la tranquilla Cittadella è l’habitat perfetto per ridimostrare a tutti quello che aveva già fatto vedere nelle giovanili giallorosse. D’altronde cambiare è come nascere di nuovo: “E spero se veda”. 

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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