Cristian Shpendi, attaccante Cesena Fc/IMAGO
L’attaccante italo-albanese dei romagnoli è tronato al gol contro il SudTirol dopo 54 giorni di astinenza. E ha vinto la sua più grande “paura”.
Può succedere che quando si desidera fortemente qualcosa, questo appaia come irraggiungibile. L’obiettivo si tramuta in ostacolo. Tanta è la bramosia per quel risultato che il percorso – traviati dall’effimero entusiasmo dell’inizio – si rivela interminabile per le sue insidie. Serve, dunque, aspettare. Con calma, assiduità, costanza e applicazione.
Atteggiamenti da cui discende una qualità fondamentale: la pazienza. La capacità di mantenere nei confronti delle difficoltà una indole moderata. Controllando e frenando gli impulsi. Gestendo le emozioni, ma senza smettere di provare. C’è tutto questo dietro la storia recente del 22enne centravanti del Cesena Cristian Shpendi. Il gol vittoria realizzato contro il SudTirol nell’ultimo match di Serie B è l’esatta dimostrazione di un ragazzo che, con pazienza, ha saputo evitare che il suo obiettivo si trasformasse in paura.
Non esiste nulla di più vitale e stimolante, forse, necessario del gol per un attaccante. Cristian Shpendi ha vissuto sulla sua pelle questo bisogno. Ha conosciuto il piacere dell’acclamazione. Ha toccato con mano il peso delle ambizioni. Proprie e altrui, ma riposte nel suo nome. Ha saputo portare all’estremo la speranza e l’esaltazione di uno stadio mai domo come l’Orogel Stadium di Cesena. E lo ha fatto a modo suo. Con la stessa strategia fin dagli anni trascorsi al Centro Sportivo di Martorano con la casacca della Primavera bianconera: segando.
A volte, però, nelle carriere professionali come nella vita gli stop sono legittimi e inevitabili capitoli da subire. Vanno letti, compresi e usati per scrivere i successivi. Così potrebbe accadere che nella prima stagione in assoluto in Serie B a dicembre si ritrovasse in testa alla classifica marcatori con 8 gol segnati. Da una parte la coda dell’entusiasmo della splendida stagione in Serie C che ha spinto il club romagnolo nei primi mesi del campionato 2024-2025; dall’altra la sensibilità e le capacità di un allenatore – Michele Mignani – che ha saputo riconoscere fin da subito la più grande qualità del collettivo che aveva scelto di guidare: il gruppo. Nel mezzo Cristian Sphendi. Le sue indiscutibili doti. Un fiuto e un desiderio del gol degno dei grandi. Cristiano Ronaldo, Karim Benzema e Diego Milito. Perché, in fondo, anche i sogni hanno una loro fonte.
L’inganno dell’impressione? La fortuna “del principiate”? Chissà. La risposta, come è giusto che sia, la conosce solo Cristian. E così quell’unico desiderio di segnare, in un attimo, è diventato un incubo nella seconda parte della scorsa stagione. Il gol non arrivava mai. Anche quando sembrava assicurato il destino si scontrava con la realtà. E lì quell’epiteto libero e candido di “Re Mida” che una curva, uno stadio, una città intera aveva affibbiato al suo “gemello” per la indiscutibile facilità di concretizzare i palloni che toccava iniziava a pesare. Proprio come l’oro.
Ma Cristian non si è arreso. Non ha ceduto all’impulso. Ha accumulato e custodito tutta la forza d’animo che ha sempre dimostrato in campo, condita con il suo intramontabile sorriso sincero e ha reagito. Alla fine della stagione le reti saranno 12.
Cristian ha aspettato. Ha avuto pazienza. L’oro di Sphendi. Ha saputo gestire quello che più lo spaventava: la possibilità di sbagliare. “Lavorare con Cristian è semplice: basta lasciarlo sereno e lui si ricarica da solo”. Già, Michele Mignani ha recepito in pieno il valore umano che il destino gli ha permesso di gestire. E così oggi, l’attaccante italo-albanese bianconero ha registrato il suo nome sul tabellino dei marcatori già 3 volte. Ha sbagliato, sì. Ma ha ritrovato ciò di cui aveva necessità: la serenità. E ai piedi delle Dolomiti ha riconquistato la cima dopo 54 giorni di scalata incessante. Perché ognuno ha le sue vette da raggiungere. Con pazienza. Sempre.
Al resto ci hanno pensato le sicurezze non scalfibili: i compagni. Dall’assist dell’amico e compagno di viaggio Tommaso Berti – il quarto in questo avvio di stagione che gli è valso il primato nella speciale classifica della categoria – e la fiducia dell’allenatore. Vera anima di un Cesena che, con l’umiltà e la lucidità professata da Mignani alimenta oltre 90mila ambizioni. Ma questa è un’altra storia. Per il cui epilogo, in fondo, serve solo pazienza.
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