A fine partita è stato sommerso dall’abbraccio dei suoi giocatori dopo essersi lasciato andare per una volta a un’esultanza meno pacata rispetto alle abitudini, che in genere lo vedono tranquillo spettatore in panchina. Normale, visto che la Vibonese ha scritto una pagina di storia battendo per 5-0 il Catania. Il suo Catania. “Giuro che mi sarebbe bastato vincere anche per 1-0… – racconta ancora emozionato Pippo Caffo, presidente del club calabrese e produttore tra le altre cose dell’“Amaro del Capo”, ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – perché io sono catanese e tifoso del Catania, insieme naturalmente alla Vibonese, per 36 partite l’anno. Per due gare però mi tengo l’esclusiva”. E domenica è stata una di quelle occasioni…
Sicilia abbandonata oltre 50 anni fa per trasferirsi dall’altra parte dello Stretto. Legami forti in entrambi i casi. “Sono originario di Santa Venerina, ho i miei parenti lì, quando posso ci torno. Sto anche per aprire uno stabilimento”. Poi la “sua” Calabria: “Per la Vibonese, così come succedeva da piccolo quando andavo a vedere il Catania, faccio una vera e propria malattia. Sono molto legato a questa squadra – che ho portato fino in Serie C – e cerco di stare più vicino possibile, ma sempre nel massimo rispetto dei ruoli, allo staff tecnico e ai giocatori. Che domenica mi hanno fatto un bel regalo…”, ha proseguito Caffo.
Un pomeriggio da sogno che però non deve far perdere concentrazione alla squadra. “Pensiamo a fare i 40 punti per salvarci, poi speriamo, come credo, di riuscire a centrare i playoff….”. E in quel caso spazio ai festeggiamenti, a differenza di quanto accaduto dopo il successo contro il Catania. “Niente amaro, strano vero? Ma giusto così… Il nostro allenatore Modica – persona e professionista che stimo tantissimo – ha fatto subito lavorare la squadra in vista del turno infrasettimanale. Perciò niente alcool…”.
Sì invece alle scaramanzie, immancabili per Caffo. “Vado alla stadio vestito sempre allo stesso modo, almeno finché le cose vanno bene. Domenica indossavo giacca e maglioncino, spero di non cambiare per tutto l’inverno”, sorride Caffo. Un presidente… alla mano: “Perché il gruppo è importante. Ora ad esempio stiamo per realizzare nel nostro piccolo stadio la sala hospitality: sarà l’occasione per ritrovarci con i giocatori, lo staff tecnico e le loro famiglie per delle belle cene in compagnia”. E lì sì che non mancherà l’Amaro del Capo…
Il liquore tanto amato da Sinisa Mihajkovic: “Quando arrivò a Genova, anni fa, disse in un ristorante: ‘Se non c’è l’Amaro del Capo vado via’. Da quel momento ho sempre provveduto a rifornirlo. E oggi gli faccio il mio più grande in bocca al lupo di pronta guarigione. E poi, promesso, berremo un bicchiere del mio amaro insieme. Ma ora pensi a guarire il prima possibile, il calcio ha bisogno di gente come lui”. Invito già pronto, il brindisi pure. Cin.
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La carica di Caffo, l’entusiasmo del direttore sportivo Simone Lo Schiavo – il più giovane ds in attività d’Italia, 33 anni – che ha costruito una squadra capace di fare sgambetti anche alle grandi: perché forse in pochi sanno che la Vibonese è la squadra con l’età media più bassa, 23 anni e 4 mesi, del Girone C di Serie C – attualmente è al 10° posto – e con molti giocatori che percepiscono il minimo federale (14.800 euro netti a stagione) come stipendio.
Bisogna dunque saper scegliere e il ds Lo Schiavo dimostra di avere un occhio attento: Bernardotto, autore di una doppietta contro il Catania, lo scorso anno giocava in Serie D con il Lanusei, mentre Pugliese – anche lui in gol nel 5-0 – era solo l’ex enfant prodige dell’Atalanta ormai dimenticato da molti. E poi Bubas, Berardi e la mano sapiente di Giacomo Modica, l’allenatore cresciuto all’ombra (e nello staff) di Zdenek Zeman. Un “maestro” a cui rubare anche i sogni. Quelli che da domenica stanno vivendo a occhi aperti in casa Vibonese.
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