Atta, centrocampista dell’Udinese – IMAGO

Il numero 14 dell’Udinese ha segnato il gol vittoria contro l’Inter. Il primo della sua carriera in Serie A

Segnare il primo gol della propria carriera in Serie A. Farlo a San Siro. Ed è il gol che regala la vittoria alla tua squadra. Una vittoria in rimonta.

In poche parole si riassumono 90’. In poche parole si riassume una notte intera. La notte di Arthur Atta. È il 40’ di Inter-Udinese. I bianconeri hanno da poco trovato la rete del pareggio grazie al rigore realizzato da Keinan Davis. Il numero 14 riceve palla sulla trequarti e punta la porta nerazzurra. Cinque tocchi. Rapidi, delicati, dolci. Poi arriva il sesto. Il destro si apre, il pallone viaggia deciso. 2-1 Udinese.

E se San Siro è la “Scala del calcio”, nella serata di Milano è andata in scena la prima del classe 2003. Precisa e incisiva. Una prima sorprendente solo per chi non aveva assistito alle prove. Nella scora stagione, la prima in Italia, alcuni sprazzi del suo talento. Nelle partite che hanno preceduto l’inizio della stagione, il messaggio più chiaro: sarebbe stato il suo anno.

Da questa stagione mi aspetto di fare gol per aiutare la squadra, devo prendermi delle responsabilità. Mi sento meglio da centrocampista centrale a sinistra, ma se devo aiutare la squadra giocando in altri ruoli lo farò“, le parole dopo la partita di Coppa Italia contro la Carrarese. Gli è bastato poco. Due giornate. L’Udinese in estate l’ha riscattato dal Metz per 8 milioni. La ragione è chiara. La prima volta delle prime volte.

La maturità, Cristiano Ronaldo e il sogno Champions

Il calcio lo respira dal primo giorno. Il padre era un calciatore, il piccolo Arthur segue le sue orme. Il viaggio inizia a 5 anni in una Academy a Rennes. L’idolo è Cristiano Ronaldo, il riferimento a centrocampo Toni Kroos. Il salto arriva con la chiamata del Metz nel 2019. Intanto, va avanti anche negli studi e prende la maturità. Una crescita continua che lo porta prima all’esordio in Ligue 1 e poi ad attirare le attenzioni europee. In particolare una, quella dell’Udinese. L’opportunità si presenta a fine mercato, il ragazzo accetta subito. In Italia il processo di maturazione continua. Lui conosce la Serie A, la Serie A conosce lui.

Fuori dal campo, ha imparato ad apprezzare la pasta. In campo, invece, è rimasto impressionato da McTominay e aspetta di incontrare De Bruyne e Modric. Doveva essere la sua stagione quella appena iniziata, dicevamo. In un’intervista a La Gazzetta dello Sport aveva raccontato i desideri per questo campionato. E, letti dopo la partita di San Siro, sembrano quasi una profezia: “Vorrei farlo (il primo gol), so che quando succederà sarà fantastico. Mi piace inserirmi e andare al tiro, usando soprattutto il destro“. È successo. Ed è successo contro quell’Inter definitiva come la più forte del campionato perché ricca di “grandi calciatori”.

Runjaić (IMAGO)

La notte dell’Udinese

Nella scorsa stagione era stata la sorpresa delle prime giornate di Serie A. Un anno dopo, quella sensazione di sorpresa è tornata. Forte e inaspettata. Quella dell’Udinese è stata una prova stoica, costruita sul coraggio e sul sacrificio. La capacità di ribattere allo svantaggio e al ritmo dell’Inter, la volontà di ribaltare il risultato. E poi, soprattutto, la consapevolezza e la bravura nella sofferenza e nel sacrificio della ripresa.

E forse, l’immagine più nitida di questa squadra è quella del suo numero 9. Insieme ad Atta, Davis è stato il protagonista e il volto bianconero. Non solo per il gol. Piuttosto per l’abnegazione dimostrata nel proteggere la palla contro ogni avversario. Il suo essere riferimento per tutta la squadra. Un riferimento su cui aggrapparsi. Davis è stato ciò che l’Udinese ha mostrato: solidità e sicurezza. La squadra è ripartita senza la sua coppia d’attacco. Ora ha una coppia nuova.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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