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Empereur: “Con Juric sono diventato uomo. Ora voglio la Libertadores”

Minuto 73 di Milan-Hellas Verona, settima giornata di campionato. Risultato momentaneo 1-2. Magnani chiede il cambio ed esce, al suo posto Juric sceglie Çetin e non Empereur, che si stavano scaldando. Lì per lì una decisione come un’altra, ma 24 ore dopo viene ufficializzata la cessione del brasiliano. Un addio inaspettato, visto che era novembre e il mercato era chiuso. Ma non in Brasile. Dal Palmeiras mi hanno chiamato dopo la gara contro il Milan e lì è iniziata la trattativa. Prima il confronto con il direttore D’Amico, poi lui ha parlato con Juric che a sua volta mi ha chiesto se fossi convinto. Una chiacchierata di 5 minuti, conclusa con un sorriso e un abbraccio, anche se l’ho visto dispiaciuto. Così Alan Empereur a Gianlucadimarzio.com.

Dopo il suo addio, l’allenatore croato ha dichiarato che Empereur è stato il giocatore cresciuto maggiormente sotto la sua gestione. Più dei vari Amrabat, Kumbulla e Rrahmani. Dopo la semifinale col River, gli ho scritto un messaggio. L’ho ringraziato per tutto quello che mi ha dato, è stato fondamentale nella mia carriera: mi ha reso più forte mentalmente, consapevole dei miei limiti e delle mie qualità. Juric è una persona diretta e sincera, mi fa molto piacere che abbia detto quelle parole. Mi ha fatto diventare uomo”.

Da comprimario a titolare. Ed è stato proprio Empereur a inaugurare l’era Juric a Verona, con un gol in una sconfitta contro la Cremonese in Coppa italia. “Con lui non ho giocato tanto il primo anno, però quando sono andato via ero titolare. Ho sfruttato le opportunità. Ero contento di lavorare con lui e gliel’ho detto, ma gli ho anche spiegato che questa chance non potevo lasciarmela scappare perché era il mio sogno sin da bambino”.

 

LA CHIAMATA DI ABEL PER REALIZZARE UN SOGNO

Il difensore classe ‘94 è tornato in patria, dopo dodici anni in Italia e avrà subito l’opportunità di vincere la Copa Libertadores, in un derby paulista contro il Santos. Dalle giovanili della Fiorentina alla gavetta in C e in B, prima di andare in A con l’Hellas. Adesso vuole farsi un nome casa sua. “È nato tutto dal fatto che Abel Ferreira è andato ad allenare al Palmeiras. Lui mi voleva portare al Paok Salonicco un anno fa. Mi ha mandato un messaggio per capire se fossi disponibile e io ho accettato questa sfida perché si tratta di una società molto grande in Brasile, al pari della Juventus, dell’Inter o o del Milan in Italia. Ho lasciato il Brasile a 13 anni, ma ho sempre desiderato giocare in un top club ed essere conosciuto nel mio Paese”.

Un rapporto sorprendente quello con l’allenatore portoghese, visto che i due non avevano mai lavorato insieme. “Mi ha notato guardando il campionato italiano, poi essendo stato compagno di squadra di di Miguel Veloso gli ha chiesto informazioni. I primi mesi della scorsa stagione, quando non stavo giocando, ho ricevuto la sua proposta per andare al Paok, ma alla fine non sono andato. Così come non sono voluto andare al Nacional di Montevideo. Poi dopo il lockdown ho iniziato a giocare all’Hellas e ho rinnovato il contratto”.

L’ESPERIENZA BRASILIANA

L’impresa solo sfiorata di battere il Milan a domicilio, il rientro a Verona, la chiacchierata con Juric e D’Amico, le valigie e poi dodici ore di volo dall’Italia a Sao Paulo. Tutto nel giro di 24 ore, compreso l’esordio con la maglia del Verdao. “Lo stesso giorno che sono arrivato in Brasile ho giocato nei quarti di finale della Copa do Brasil”. A testimonianza della grande fiducia riposta in lui. Un inizio sognato, prima delle difficoltà. “A causa del covid: è stato un perido difficile, perché sono rimasto rinchiuso in albergo per due settimane. Abbiamo avuto 14 giocatori positivi, ma il peggio è passato e adesso stiamo tutti bene”.

Il Palmeiras è in lotta su tre fronti, oltre al campionato è in finale di Copa do Brasil e Libertadores. Un cammino a cui ha preso parte anche Empereur. “Ho debuttato contro gli ecuadoriani del Delfin in Libertadores e poi ho giocato le due gare di semifinale contro il River. Ho dato il mio contributo. Il calcio brasiliano è migliorato tanto: ci sono una decina di squadre che lottano per il titolo ogni anno. In Italia c’è più intensità, ma tecnicamente qui tutti i giocatori sono bravi, tutti giocano a viso aperto e c’è meno tattica”.

 

Un calcio diverso, con i suoi pregi e i suoi difetti. Prima della semifinale di andata contro il River Plate, i brasiliani si sono dovuti spogliare per strada per l’allenamento di rifinitura: “Questo ci ha dato ancora più forza per batterli”. Viaggi lunghissimi anche per le trasferte in campionato, partite in altura e climi differenti. Meno intensità, ma la fatica si fa sentire lo stesso per un calendario fittissimo: “Quasi non ci alleniamo, perché giochiamo ogni tre giorni: abbiamo giocato 10 partite questo mese! E se vinceremo la Libertadores giocheremo il Mondiale per Club e a febbraio inizierà il campionato statale, quindi potremmo essere il club che giocherà di più nel 2021”.

ALLA RICERCA DELLA GLORIA ETERNA

Per rincorrere i suoi sogni ha lasciato un Verona che sta replicando i risultati dello scorso anno. Come testimonia il 3-1 al Napoli e l’ottavo posto in classifica. ”Se lo scorso anno eravamo la rivelazione, oggi l’Hellas è una certezza. Una sqadra forte, un gruppo unito composto da tanti bravi ragazzi”. Si sente ancora uno di loro Alan. “Sono ancora nel gruppo Whatsapp. Sono stato bene con loro in questi due anni.  È stato un addio inaspettato anche per il direttore D’Amico, perché avevo appena rinnovato. Se un giorno dovrò tornare, lo farò col sorriso perché mi sono trovato bene con tutti, compagni e dirigenti”.

 

Ora però è tempo di guardare avanti, alla Gloria Eterna, come è definità la più importante competizione sudamericana a livello di club. È come la Champions League. Per me che ho vinto solo un campionato di C e una Coppa Italia Primavera sarebbe un sogno che si avvera: la voglia di vincerla è indescrivibile. Da bambino tifavo per le brasiliane che arrivavano in finale, quest’anno spero la vinca il Palmeiras”. Appuntamento a sabato sera, ore 21 italiane al Maracanã.

 

 

 

Mattia Zupo

Giornalista pubblicista e studente in Scienze Umanistiche per la Comunicazione. Fiorentino nato a Fiesole nel 1996. Notti magiche, quelle passate a vedere il calcio sudamericano, dove il talento e la garra prevalgono sulla tattica. Uno sguardo al futuro e uno al passato alla ricerca di storie legate al fútbol.

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