Un passato a tinte rossoblù, quelle del Bologna e quelle del Cagliari, un presente in quella Sardegna che lo ha adottato dopo il ritiro dal calcio giocato, due anni fa, dopo un biennio avaro di soddisfazioni in Svizzera, al Sion. Chi meglio di Robert Acquafresca per presentare – in esclusiva per gianlucadimarzio.com – il monday night del Dall’Ara?
“Sarà una partita difficile, soprattutto per il Cagliari, che in classifica paga un certo ritardo (è all’ultimo posto, a 6 punti). Ma credo che alle volte basti poco per rilanciarsi, e questa penso, e da tifoso spero, che possa essere l’occasione giusta“.
Acquafresca ricorda con piacere entrambe le piazze: “I numeri parlano chiaro: la mia permanenza al Cagliari, anche se più breve, è stata decisamente più ricca di soddisfazioni. Ma anche a Bologna ho vissuto una bella esperienza. Ci sono stati due anni difficili, compreso quello della retrocessione; ma siamo riusciti a ottenere la promozione al primo anno di B, qualcosa di molto difficile“.
Sui protagonisti del match di oggi, e soprattutto in materia di attaccanti, Acquafresca ha le idee chiare: “Penso che la coppia migliore per il Cagliari sia quella composta da Pavoletti, che con la Roma si è sbloccato, e Joao Pedro, che si conoscono da molto tempo. Keita è un buon giocatore, ma è nuovo, e si sa come funziona per noi centravanti: quando le cose non vanno benissimo, è difficile risalire la china“. E a proposito di Arnautovic: “Spero che si riprenda presto dall’infortunio. Con lui Sabatini e Mihajlovic hanno ottenuto quello che cercavano da anni“.
Come se la caverebbe Acquafresca nella Serie A di oggi? “Penso che uno come me avrebbe qualche difficoltà. Io mi ispiravo a Pippo Inzaghi, e mi piaceva anche provare a legare il gioco. Ma oggi agli attaccanti è richiesto di raccordare il gioco offensivo in modo che l’intera squadra ne tragga giovamento: devono essere più completi“.
Infine, c’è spazio anche per uno sguardo sulla nuova carriera, quella dopo il calcio giocato, che Acquafresca non ha ancora definito chiaramente: “Non sono ancora rientrato nel mondo del calcio perché penso che ogni mestiere richieda una preparazione che io ancora non ho. Ho svolto il corso per allenatori Categoria UEFA B, ma la mia intenzione non è quella di allenare. Quando sei calciatore non hai tempo di guardarti dentro, a fine carriera io l’ho fatto e ho capito che mi piacerebbe diventare dirigente.”
A cura di Andrea Monforte
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