Interviste e Storie

I valori dello sport come chiavi della libertà nelle carceri: la rivoluzione di Abruzzo Esports

Pierpaolo D’Ambrosio e Gabriele Moretti, menti del progetto nato dal gruppo Abruzzo Esports

Dal gruppo “Abruzzo Esports” nasce il torneo tra i detenuti delle carceri su cultura, calcio e videogiochi: quando lo sport diventa inclusione

C’è chi si sveglia al mattino perché non vede l’ora di iniziare una nostra lezione”. È il pensiero condiviso da molti detenuti del carcere di Castrogno di Teramo che, grazie al progetto nato dal gruppo “Abruzzo Esports”, possono oggi vivere giornate di spensieratezza e insegnamento. Un’idea ambiziosa, quella di portare il calcio e lo sport digitale dentro le mura. Non per staccarsi dalla realtà, bensì per tornare a respirare aria di libertà. Ma come funziona?

Ce lo racconta Gabriele Moretti, mente dell’iniziativa, che insieme al socio Pierpaolo D’Ambrosio ha dato vita a qualcosa di unico in Italia e in Europa. “Il nostro scopo è quello di rendere lo sport, sia reale sia virtuale, uno strumento educativo e di reinserimento sociale. Non si tratta di semplice intrattenimento, ma di un percorso articolato che combina formazione teorica, allenamenti sul campo e competizione virtuale, sviluppando competenze fondamentali come il gioco di squadra, la gestione delle emozioni e la disciplina“, spiega Moretti ai nostri microfoni.

Nel concreto, l’esperienza si articola in diverse fasi. La prima è la formazione teorica, in cui si costruiscono le basi del percorso. Non tutti i partecipanti hanno conoscenze pregresse sul calcio o di eSport ed è dunque necessario spiegare regole, ruoli, dettagli e dinamiche dei tornei. Si affrontano poi temi legati alla preparazione mentale e alla nutrizione, supportati da un team di psicologi esperti che conoscono le situazioni dei partecipanti e sanno come gestire le emozioni. “Per farlo abbiamo anche realizzato un manuale interno che unisce slide e appunti, pensato per accompagnare i partecipanti nel loro percorso formativo“, racconta ancora Gabriele.

La seconda fase si concentra sul calcio vero. I partecipanti scendono in campo, seguono allenamenti strutturati e competono con regole speciali, come i cartellini verdi dati per premiare il fair play. Qui emerge il lato educativo dello sport tradizionale: si impara a collaborare, rispettare i compagni e affrontare le sfide con disciplina. La terza parte riguarda poi l’eSport, con particolare riferimento a giochi di calcio virtuali. “Ma non è solo una questione di console o di punteggio: è un momento in cui si sviluppano capacità di gestione delle emozioni, gioco di squadra, autocontrollo e responsabilità verso i compagni e i rivali“, spiega Moretti. Infine, inizia la sfida vera e propria.

Abruzzo Esports, il progetto che unisce lo sport reale e virtuale per educare

Il progetto culmina nella fase di test e competizione tra i vari partecipanti. I punteggi delle diverse attività – derivati da quiz teorici, dai gol sul campo e dalle reti segnate virtualmente – vengono sommati per determinare il vincitore. Un meccanismo che valorizza ogni aspetto del percorso, poiché chi partecipa deve dimostrare conoscenze, abilità sportive e collaborazione di squadra.

Tutta l’iniziativa, come detto, ha già preso piede a Teramo grazie alla collaborazione nata con la Fondazione Tercas (ente privato impegnato nella crescita economica, culturale e sociale della provincia di Teramo). Realtà che ha offerto supporto economico e istituzionale, con il suo presidente, Piero De Felice, che è stato il primo a credere nell’iniziativa e a metterci la faccia. Fondamentale nella realizzazione del torneo – il primo di questo tipo in Italia – anche il ruolo della direttrice dell’Istituto penitenziario di Castrogno, Maria Lucia Avantaggiato.

I feedback dei partecipanti sono stati immediati e sinceri. C’è chi con noi ha trovato un motivo per svegliarsi al mattino per apprendere cose nuove e condividere il progetto con gli altri ragazzi. Tutto questo gratifica me, il mio team, tutti gli psicologi e il personale che lavorano al progetto“, ci confida Gabriele. Parole che sono la dimostrazione del potenziale del percorso educativo, che può davvero diventare uno strumento di riscatto personale.

Il logo di Abruzzo Esports

Dalla provincia alla Nazione intera

Ma questo è solo l’inizio, perché l’ambizione del progetto è chiara: passare dalle competizioni provinciali a quelle regionali, fino a raggiungere una sfida nazionale. L’idea è quella di creare un modello replicabile in tutta Italia, sfruttando l’unione tra calcio reale, eSport e percorsi educativi. “In questo contesto, la ‘e’ di ‘eSport’ non si riferisce solo ai videogiochi ma all’etica, alla responsabilità, alla collaborazione e all’inclusione sociale“, afferma la mente dietro Abruzzo Esports.

Intanto, lo scorso novembre la Fondazione Tercas ha organizzato una tavola rotonda per comprendere a pieno le potenzialità del progetto. All’incontro hanno partecipato figure istituzionali e sportive di rilievo: da Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia a Luigi Mazzone, Presidente della Federazione Italiana Scherma e neuropsichiatria infantile. Passando poi per il dottor Carlo Tranquilli, ex medico responsabile della Nazionale di calcio U21, Michele Barbone, presidente del Comitato Promotore Esport Italia e il dottor Stefano Gobbi di “Sport e Salute”. L’entusiasmo manifestato dagli ospiti ha confermato la validità dell’iniziativa e ha aperto la strada, in futuro, a una possibile estensione a livello nazionale.

L’Italia potrebbe essere il terreno perfetto per far crescere l’iniziativa. Qui il mondo degli eSport è ormai una realtà consolidata, con squadre professionistiche legate a club di Serie A, content creator seguitissimi e pro player di alto livello famosi a livello mondiale. Tutti volti che, uniti ai tanti ex calciatori, possono diventare ambasciatori ideali di un progetto così valoriale. Il motore è partito e la macchina è ben avviata. Dentro un carcere, dove spesso la speranza è un concetto distante, il calcio e l’eSport hanno acceso una luce. E quella luce può diventare un percorso replicabile, dentro e fuori dal campo con progetti (già in lavorazione) che vedono protagoniste le scuole e non solo.

Simone Pagliuca

Nato nel 2001 con origini campane ma stabilito nel bresciano. Laureato in Scienze della Comunicazione, con il sogno di raccontare le emozioni che provo guardando il calcio, dai più piccoli talenti che giocano sulle spiagge fino ai campioni che calcano i più grandi stadi del mondo. Emozionarmi per emozionare: un "uno-due" che, si spera, possa andare in gol.

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