Mercoledì 17 ottobre, Palasport Taliercio: in campo Reyer Venezia e Hapoel Holon, gara valida per la fase a gironi della Basketball Champions League. Dal basket alla Serie B il passo può non essere breve ma in questo caso, sì.
Perché il primo piccolo traguardo del Venezia di Zenga, che oggi ha imposto il pari (1-1) al Verona nel derby, ha preso forma in quella serata di palla a spicchi. Assurdo? Non così tanto.
Al palazzetto, seduto in prima fila c’era l’Uomo Ragno. Con lui il presidente Tacopina, il vice Benny Carbone e il team manager del Venezia Alessandro Servi.
Zenga era appena arrivato in città e Tacopina, che con il presidente della Reyer nonché sindaco Brugnaro ha ottimi rapporti (la costruzione del nuovo stadio è un progetto condiviso), starà facendo gli onori di casa.
Scatta la partita: una maratona infinita che si conclude dopo due supplementari. Adrenalina pura per gli appassionati di pallacanestro, un supplizio per chi si trova lì di circostanza.
Tacopina e soprattutto Carbone si perdono presto nello smartphone. Non Zenga. Che segue, applaude, si informa con buona continuità. Fino alla fine. Forse è semplicemente ben educato, si potrebbe pensare.
Oggi però arriva la sua partita, la prima alla guida del Venezia. Nel derby, gli arancioneroverdi ritrovano punti ma soprattutto carattere. Con un nuovo schieramento tattico: “L’immediato passaggio alla difesa a quattro? Vedete, io adoro il basket: richiede una versatilità, una capacità di reinventarsi in corsa, che per noi è utilissima.
Se non ti sai adattare, lì non hai scuse. E dovrà essere così anche per il mio Venezia”, racconta Zenga in conferenza stampa.
Tutto sembra tornare, ma noi vogliamo esserne sicuri. “Diteci la verità: alla partita della Reyer, Zenga era solo un ospite d’onore?”, chiediamo agli addetti ai lavori lì presenti. “No no, ha insistito lui per andarci. Chi se l’aspettava che il basket gli piacesse così tanto!” Già, ma per studiare calcio. Il suo calcio applicato al suo Venezia. Per arrivare al derby con un’arma in più.
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