Un avvio con qualche difficoltà, poi pian piano la ripresa. Zdenek Zeman ed il suo giovane Lugano come un Diesel, fino all’approdo in finale di Coppa di Svizzera. E chissà cosa si prova a guardare la Serie A dall’altra sponda del Ticino: “Il calcio da queste parti non è così modesto – ha rivelato in esclusiva il boemo al quotidiano ‘Avvenire’ – Basilea, Grassopphers e Young Boys, per esempio, non sfigurerebbero in Serie A”. Ed il passato? Beh, quello, anche se remoto, è impossibile da dimenticare: “al Licata che irripetibile senso d’appartenenza! In pratica allenavo una nazionale siciliana con sette-otto ragazzi cresciuti con me nel settore giovanile”.
Lì, tra i tanti, giocava anche un certo Maurizio Schillaci, cugino del ben più celebre Totò: “Pensate che tecnicamente era anche più forte di suo cugino Totò. Maurizio è cresciuto però in un ambiente sbagliato, ma con me si è sempre comportato bene, anche se appena prendeva lo stipendio io gli ritiravo i soldi altrimenti perché se no li finiva il giorno dopo”. E che peccato quando un talento così si perde nel nulla. Invece a Zeman costò caro quel monito ‘Il calcio deve uscire dalle farmacie’: “L’ho pagata cara, eccome. E anche sul campo. Il sistema semplicemente non ci voleva e così anche la mia carriera ha preso una direzione diversa e chissà, magari avrei potuto allenare il Milan, l’Inter o il Real Madrid. Fui poi bloccato anche all’estero perchè tutto parte da un sistema interno. Però per me ciò che conta non è mai stato dove allenare: Licata, Foggia o Pescara, nella mia idea di calcio hanno lo stesso valore del Real e Barcellona“.
Poi, secondo il boemo, nei grandi club ci vogliono ‘gestori’ piuttosto che ‘allenatori’. Ed in Seria A, sempre secondo lui, l’unico allenatore vero e proprio si chiama Eusebio Di Francesco: “Fa giocare il Sassuolo come piace a me, ma oltre a lui non vedo altre guide in Serie A. La partita più bella della stagione? Fiorentina – Napoli, ma solo perchè ogni tanto qualcuno da noi si ricorda che bisogna giocare a calcio prima che cercare il risultato ad ogni costo”. Infine un argomento delicato, quello riguardante il ricorso nel mondo del calcio a farmaci e doping, che potrebbe aver causato nel tempo la morte e la malattia di tanti giocatori: “Certo, è dimostrato. Ci sono state inchieste… Studi come quello che è stato condotto recentemente in America parlano di un 16% di atleti dopati. Troppi”.
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