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Vivarini, la caccia e i record: così ha portato in finale il Bari

Galletti? No, lupi. Pronti a mordere in gruppo e a difendersi fino alla fine. C'è una foto che ispira il lavoro di Vincenzo Vivarini a Bari: è quella di un branco di lupi su un valico di montagna. Quelli in primo piano impostano il ritmo dall'inizio, quelli che seguono sono i più forti, pronti a proteggere chi viene attaccato. L'ultimo invece è il capo e si assicura che nessuno resti indietro. I leader non stanno davanti, ma in mezzo per proteggere tutto il gruppo.

Quelli in biancorosso si chiamano Antenucci, Di Cesare, Frattali, Simeri, Bianco e pazienza se, come accaduto a quest'ultimo, restano in panchina per 120' più recupero in una semifinale playoff.

Alla base dei segreti del Bari che ha battuto la Carrarese e conquistato il pass per la finale contro la Reggiana di mercoledì 22 luglio c'è una parola chiave: lavoro, lavoro e solo lavoro. Lo stesso che Vivarini ha predicato dal suo arrivo in panchina, risalente al 24 settembre 2019, lo stesso che gli ha permesso di restare imbattuto nelle 27 partite alla guida del Bari. 53 punti in 25 gare di campionato, 1-1 contro la Ternana e 2-1 alla Carrarese in semifinale.

Nessuno come lui, capace di superare  nella speciale graduatoria di imbattibilità del Bari tra i professionisti Luciano Pirazzini, 18 gare di fila senza ko nella stagione 1974/75, e Antonio Conte (a quota 16 nella serie B 2008/2009, annata della promozione in A). Spirito da battute di caccia, l'unica deroga al dio pallone che Vivarini si concede: la condivide con i suoi cani e a volte si spinge anche all'estero per coltivarla. Nato al mare, a Francavilla, adora la montagna. E le vette da scalare. 

"In questi ultimi quattro anni mi è stato tolto tanto, lo stesso programma che ha il Bari l’ho io, abbiamo gli stessi obiettivi. Per me non poteva esserci piazza migliore". Così l'ex allenatore di Latina (ultimo posto, ma con un club sull'orlo del fallimento), Empoli (esonerato da quinto in classifica) e Ascoli (portato alla salvezza con buon anticipo) si era presentato in biancorosso.

Alla chiamata della proprietà De Laurentiis, aveva dato l'ok in 10 minuti. Per farsi apprezzare da una piazza raggelata dall'avvio lento (7 punti in cinque gare con Cornacchini) ci ha messo qualche settimana. Lo ha fatto in silenzio, con i fatti. Riservato, meticoloso, preciso. Come i due modelli di riferimento nel mondo del calcio: Maurizio Sarri, alla cui proposta di un posto da vice al Chelsea disse "no" nel 2018, e Marco Giampaolo.

Solo dopo la vittoria contro la Carrarese firmata dal piattone di Simeri al 119' si è sbottonato davanti ai microfoni: "Non ho mai visto partite dei playoff che si chiudono facilmente, siamo contentissimi. Volevamo passare il turno e l'abbiamo fatto, siamo in finale, mi è piaciuto tantissimo l'entusiasmo che abbiamo messo dopo quel gol del pareggio preso nel recupero"

A fine gara Vivarini ha osservato la festa dei suoi calciatori, guidati da un irrefrenabile Luigi De Laurentiis negli spogliatoi. Lo ha fatto riponendo per un attimo il taccuino, ma senza smettere di prendere appunti. "Ci eravamo detti di non provare a gestire se fossimo passati in vantaggio". Invece il suo Bari ha perso qualche metro, ceduto il possesso palla alla Carrarese e incassato il gol di Piscopo. Lo ha premiato la gestione della partita in 120 minuti, con l'esclusione a sopresa di Simeri dal 1', legata alla diffida sul capo dell'attaccante e alla voglia di avere forze fresche e collaudate a gara in corso.

"L'avevo tenuto a riposo perché sapevo che sia lui che Costa, a gara in corso, avrebbero avuto la forza di spingere e il gol è nato da loro due" è la tesi dell'allenatore. "Mi aveva detto che sarei entrato e avrei fatto gol" rivelerà l'attaccante al fischio finale. Vivarini lo ha rivalutato dandogli fiducia e Simeri ha ricambiato, con 11 reti da fine settembre ad oggi. Lo ha fatto in simbiosi con Mirco Antenucci, a quota 23, come successo in passato a nomi del calibro di Alfredo Donnarumma e Gianluca Lapadula, 43 gol in due a Teramo nella stagione 2014/2015.

Quella della Serie C vinta, prima che la giustizia sportiva cancellasse quella gioia. Ora Vivarini quel traguardo vuole riprenderselo con gli interessi, mettendolo nel mirino da buon cacciatore. Con tanto rispetto di chi ti circonda ma senza paura: "Dobbiamo mettere in conto di soffrire anche a Reggio, ma ce la faremo".

FOTO: DOMENICO BARI

Luca Guerra

Nato un anno prima della caduta del Muro di Berlino, mi piace rompere gli schemi dell'informazione. Laureato in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista, scrivo quando e in ogni modo possibile: il sedile di un treno o il banco di un fast-food sono ottime scrivanie alternative. Il giornalismo la passione di una vita, il calcio come stella polare di questa passione.

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