Vito Mannone ci risponde da casa, MVP nella scorsa settimana e vittoria. Il sorriso si allarga quando arriva suo figlio, ha poco più di un anno. “La fa lui l’intervista al posto mio, che la fa anche meglio (ride, ndr)”. Aveva poco più di lui quando già sognava di giocare in Serie A. “Il mio primo desiderio è sempre stato quello. Anche se sto facendo una bella annata al Lorient. Ho 35 anni ma sono ancora quel ragazzino. Chissà se ci riuscirò, ho ancora molto da dare”. Per anni è stato tra i migliori portieri italiani all’estero, e tutto era iniziato quando aveva 17 anni.
“Quella dell’Arsenal l’ho sempre considerata la chiamata dal cielo”, ha raccontato Vito Mannone ai microfoni di gianlucadimarzio.com. “Un mese prima avevo perso mio padre, ero rimasto da solo con mia madre“. L’offerta dei Gunners arriva poco prima di Natale 2005, dopo un derby Brescia-Atalanta. “Ho subito fatto un provino con la prima squadra, c’erano ancora gli Invincibili“. Insieme alla mamma decidono di trasferirsi a Londra. “In questo caso l’Arsenal, Wenger e tutti quanti sono stati molto aperti su questo, intelligenti a capire il momento e non farmi andare da solo. Quello è stato un momento decisivo per la mia carriera e ringrazierò sempre l’Arsenal per avermi aiutato in quel momento“.
“L’arrivo in Inghilterra è stato un sogno avverato”. E subito gli hanno fatto capire in che dimensione era. “Nei primi 5 minuti del primo allenamento, servo una palla male a Lehmann. Un minuto dopo me la ritira fortissimo indietro urlandomi “Qui siamo all’Arsenal, dobbiamo dare il massimo“. Come provare a rimediare? Con la mamma. “Non avevo la macchina e mi portava mia madre agli allenamenti. Era diventata la beniamina al campo. Sai la mamma italiana che cucinava. Henry gli parlava sempre in italiano“.
Il primo impatto con Londra non è stato semplice, “ma quando vivi un sogno tutto passa. Il giorno prima giocavo alla Playstation con quella squadra, il giorno dopo ero a parargli i tiri”. Una squadra devastante, da Henry e Pires a Bergkamp e Ljungberg. “Per farti capire tra i giovani che non avevano ancora sfondato c’erano due come Van Persie e Fabregas. Ero un ragazzino che apprendeva ogni volta che mi allenavo con loro”.
All’Arsenal incontra anche una conoscenza della nostra Serie A. “Szczesny all’epoca era fuori di testa, lo diceva anche lui. Oggi non lo so ma avrà messo la testa a posto con la famiglia”. La concorrenza è altra tra i portieri. Tra il polacco, Fabianski e Vito sono tutti giovani e possibili titolari. Nel momento migliore, l’italiano viene mandato in prestito all’Hull City. “Non ero d’accordo con questa decisione. Wenger è stato un grande allenatore e una grande persona, però anche lui mi disse che sul fatto della gestione dei portieri non ci ha preso molto. Sicuramente ha fatto esperienza con noi. Già con Almunia e Lehmann era stata una vera e propria battaglia in allenamento”.
Se non è stato all’Arsenal, il suo prime lo trova al Sunderland, dove è una leggenda. “Mi fa male da una parte ricordare quel periodo. Ero stato tra i migliori portieri della Premier, per statistiche ero sopra anche Cech e Hart. Mi aspettavo una chiamata dalla nazionale ma non è mai arrivata“. Ci era andato vicino con Conte. “Nessuno lo sa ma sono stato anche pre convocato per l’Europeo 2016. Poi all’ultimo non se n’è fatto niente. Mi aspettavo qualcosa in più, ce l’ho un po’ di rammarico”.
Ma la soddisfazione di quella semifinale di Coppa di Lega contro il Manchester United rimane. “Da bambino ero milanista e ricordo la finale di Champions del 2003 a Old Trafford. Poi mi sono ritrovato io nella stessa porta dove avevano parato i rigori Dida e Buffon“. Una partita pazza. “Andiamo in vantaggio all’119esimo, ci pareggia il Chicharito due minuti dopo. Avevo 15mila tifosi del Sunderland dietro la mia porta, una pressione assurda. Sembrava una finale già lì“. Vito ne para due e il Sunderland vola in finale, poi persa contro il Manchester City.
Dall’Inghilterra poi gli Stati Uniti, la Danimarca e infine la Francia con Monaco e Lorient ora. “Mbappè sicuramente è stato quello più difficile da affrontare. Mi sto trovando bene. Io ho ritrovato il campo e come squadra abbiamo fatto la miglior partenza della propria storia (arrivati in zona Europa, ndr). La Ligue 1 mi ha sorpreso, ci sono squadre veramente forti. Ho capito perché la Premier e la Serie A comprano in Francia“. Qualche delusione, tante soddisfazioni e un viaggio meraviglioso: tutto grazie alla chiamata dal cielo.
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