Macchinone di grossa cilindrata che si avvicina ai cancelli del centro sportivo del Real Madrid. Stop! Sosta autografi, immancabile per un merengues. Alvaro non tira dritto e abbassa il finestrino. In lontananza, un bambino. “Morata, Morata! Mi hai tenuto una maglietta per caso?”. L’attaccante spagnolo lo guarda negli occhi e spiazza tutti, ragazzino compreso: “Vieni, sali in macchina”. Lui, interdetto per qualche secondo, osserva la madre, e poi le ribadisce. “Mamma, salgo in macchina con lui”. Lei. “E dopo per dove esci?”. Replica direttamente Morata. “Te lo riporto indietro io”. Via! Insieme, nel cuore di Valdebebas.
Intervistata dai microfoni di As, la madre del bambino spiegherà. “Gli aveva promesso una maglietta e… è stato di parola”. Detto, fatto. In una mano la ‘9’ bianconera che “me la sono comprata questa, al tempo”. Nell’altra la ’21’ blanca con tanto di autografo personalizzato. “Mi ha portato dentro Valdebebas, mi ha detto di aspettare un secondo in una saletta… dopo 5 minuti è tornato con la maglia firmata”. Per giocare in strada con gli amici? “No no, questa la tengo in salotto, al riparo”. Un piccolo trofeo di un campione che gioca al Real ma con la testa a posto. Soprattutto umile.
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