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Gli insegnamenti di Conte e l’esperienza a Mosca: alla scoperta di Paolo Vanoli

Il tempo di prendere le misure e di lavorare. La sosta è servita a Paolo Vanoli, dal 7 novembre nuovo allenatore del Venezia. Questione di pazienza e professionalità. Al debutto è arrivata una sconfitta contro la Reggina, oggi contro il Palermo i primi tre punti. Al Barbera, i veneti si sono imposti per uno a zero con un guizzo del finlandese Pohjanpalo. Prima vittoria dopo oltre due mesi di digiuno, nonché prima vittoria per lui in Italia. Chissà che non possa essere l’inizio di un nuovo percorso. 

Paolo Vanoli è sempre stato un vincente, prima campo e poi in panchina. È uno che non si è mai fatto problemi a partire dal basso, rubando con gli occhi e assorbendo come una spugna. Non è un caso se il Venezia lo ha scelto per riprendere a vincere dopo un inizio di stagione complicato. Da calciatore aveva iniziato, nei dilettanti, a Bellinzago, arrivando fino in Serie A con le maglie di Parma e Fiorentina. Sempre con umiltà, stella polare del suo percorso. In panchina il leitmotiv è stato lo stesso, mai una conferenza stampa fuori posto o un comportamento sopra le righe. Questo quello che cerca di insegnare ai suoi ragazzi. Rispetto come parola d’ordine.  

Anche da allenatore ha iniziato imparando, mettendosi a disposizione con entusiasmo e professionalità. È partito dal Chelsea con Conte, poi l’Inter sempre da collaboratore tecnico. A fine stagione arriva la scelta: “Voglio camminare da solo”. Coraggio si, ma anche la testa giusta per capire i momenti e prendere al volo le occasioni. 

 Lo chiama lo Spartak Mosca, lì si mette in mostra, vince una Coppa di Russia e poi è costretto a tornare indietro causa guerra. L’importante però era prendere consapevolezza e fiducia, adesso a Venezia si sente pronto e non vede l’ora di stupire.  La speranza è che i tre punti di Palermo possano essere l’inizio di un lungo viaggio.

Manuele Nasca

Nato a Palermo nel 1999. Il calcio da sempre, nel salotto di mio zio tutte le domeniche (la squadra non ve la dico). Se ve lo state chiedendo, sí volevo fare il calciatore (ero bravino) ma dovevo studiare. Così oggi mi diverto con la tastiera con un solo obiettivo: emozionare ed emozionarvi (“l’articolo è per il giornalista come un quadro per il suo pittore”, mia)

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