Un anno dopo l'esordio tra i professionisti, quando ne aveva soltanto 20, Virgil Van Dijk ha rischiato seriamente la carriera e soprattutto la vita. Era il 2012, giocava nel Groningen ma da qualche tempo accusava dei dolori inspiegabili. La madre gli fece visita e colse la serietà del problema: lo portò subito in ospedale, dove il quadro prospettato fu molto grave. Dai primi esami emerse una rottura dell'appendicite, che aveva provocato anche una peritonite e un'infezione renale. I medici lo operarono d'urgenza, ma vista l'incertezza nei momenti successivi all'operazione gli fu chiesto anche di preparare le sue ultime volontà.
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"Ricordo ancora com'era stare stesi in quel letto. Riuscivo a vedere soltando tubi penzolanti fuori dal mio corpo. In un momento simile ti ronzano per la testa le cose peggiori. La mia vita era in pericolo, io e mia madre pregammo e discutemmo di ciò che poteva succedere. A un certo punto dovetti firmare alcune carte, era una specie di testamento" ha raccontato il difensore del Liverpool al Daily Mail.
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"Se fossi morto, una parte dei miei soldi sarebbe andata a mia madre. Naturalmente nessuno voleva parlarne ma era una cosa che andava fatta, perché sarei potuto morire".
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