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van der Vaart, rimpianti e…stop: Rafa saluta il calcio giocato

Più di 500 partite in carriera tra Nazionale olandese e club, due titoli di Campione d’Olanda con coppa nazionale annessa, un campionato danese, una Supercoppa spagnola ed una olandese. E poi? E poi c’è una parola: stop. Rafael van der Vaart ha ufficialmente detto addio al calcio giocato, frenato dagli ennesimi problemi fisici che ne hanno a lungo segnato la carriera: il trasferimento in Danimarca per vincere il campionato con il Midtjylland prima, qualche gara con l’Esbjerg prima di fermarsi definitivamente, arrendendosi ad una fragilità ormai sempre più forte, poi.

Lasciare tutto a 35 anni: un mondo del calcio che lo ha visto diventare nuovo gioiello di una fabbrica di talenti come l’Ajax, da trequartista di altissima qualità capace di rifinire e trovare con continuità la porta, al quale Rafa ha chiuso la porta col sorriso, ma non senza rimpianti. Vincere meno di quanto avrebbe potuto, soprattutto nella parentesi con la maglia del Real Madrid, e accarezzare solamente il sogno di poter diventare campione del Mondo con la propria Nazionale, salutata solo poche settimane fa. In quel Mondiale in Sudafrica dove solo Iniesta, a due passi dai calci di rigore, ha spezzato ogni possibilità oranje di raggiungere un traguardo mai ottenuto nella storia.

È giusto che ora mi fermi: sono venuto in Danimarca per giocare e non per fare riabilitazione“. L’orgoglio prima di tutto e la voglia, pari al pensiero di un suo grande, ex compagno all’Ajax come Ibrahimovic, di smettere nello stato fisico più dignitoso possibile, come ammesso al de Telegraaf nella decisione più difficile da prendere: voleva “invecchiare ulteriormente con il pallone“, van der Vaart. Ma resterà ancorato a quel desiderio che aveva sin da bambino e che, stavolta sì, è riuscito a realizzare: giocare a calcio, lottando con un fisico che ha finito per rivelarsi suo peggior avversario, e farlo “nei migliori stadi del mondo, contro grandissimi campioni“. Ajax, Amburgo, Real Madrid, Tottenham, Betis Siviglia, poi la Danimarca e…una parola: stop. Per vestire i panni del papà a tempo pieno e raccontare, da quel provino ad Amsterdam a 10 anni, tutto ciò che il calcio ha saputo dargli.

Redazione

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