Dall’Uruguay alla Spagna, da Montevideo a Madrid, dal Penarol al Real. Per arrivare al gol nel Clasico contro il Barcellona. Se il Real Madrid e Zidane possono prendere una boccata dopo giorni di apnea per l’avvio di stagione negativo, è anche grazie a Federico Valverde.
Uruguaiano classe 1998, per tutti è “El Pajarito”, l’uccellino: un soprannome attribuito da un allenatore delle formazioni giovanili in Uruguay, che vedendolo correre da una parte all’altra del campo con il pallone tra i piedi, lo paragonò a un uccellino.
A quei tempi giocava in attacco, ma non gli piaceva. Sua madre fu costretta a chiedere agli allenatori della scuola calcio di toglierlo da quella posizione perché a casa piangeva. Voleva accarezzare il pallone, non calciarlo con forza verso la porta avversaria.
Punto fermo del centrocampo di Zidane nonostante i 22 anni, ha conquistato il posto da titolare step dopo step, iniziando dalle 30 partite con la maglia del Castilla appena arrivato in Spagna nel 2016. Diciotto anni ma una personalità fuori dal comune, che hanno convinto il Deportivo La Coruna a prenderlo in prestito nella stagione seguente. Ventiquattro presenze con la maglia del Depor, “gavetta” necessaria per tornare alla base.
Un ritorno che si concretizza nell’estate del 2018, con Lopetegui che decide di tenerlo in rosa dopo la Tourneé in America. L’opportunità per Valverde è ghiotta e lui non se la lascia sfuggire, nonostante i suoi compagni di reparto non fossero gli ultimi arrivati: Modrid, Casemiro, Isco e Kroos, solo per citarne alcuni.
Ed è proprio il tedesco che l’uruguaiano guarda con maggior attenzione, cercando di rubare con lo sguardo il più possibile. “Il miglior consiglio che Kroos mi ha dato in questo periodo è di essere paziente. È il mio idolo, è un orgoglio imparare da una star mondiale come lui”, dichiarò anni fa. Ora i due occupano in pianta stabile la mediana madridista.
Un punto fermo di una delle squadre più importanti del mondo, ma l’umiltà di chi sa che ancora può far tanto. Con il supporto dei suoi affetti più cari, che ogni giorni gli ricordano di tenere i piedi fissi a terra. “La mia famiglia, tutti i giorni, si è presa il compito di dirmi «Non sei nessuno»”, dichiarò.
Piedi a terra nonostante i tanti elogi, come quello di Diego Simeone, allenatore dei “cugini” dell’Atletico. Supercoppa di Spagna, in campo “Blancos” e “Colchoneros”. Risultato fermo sullo 0-0, con Morata che al 115esimo si invola tutto solo verso la porta di Courtois. Valverde lo recupera e lo stende, rimediando il rosso.
Squadra in 10 ma giocata decisiva, con il Real che riesce ad aggiudicarsi il torneo ai rigori dopo aver mantenuto lo 0-0. E Valverde viene nominato MVP della partita. “È stata la giocata più importante dei 90 minuti, il Real ha vinto la partita con quel fallo. Ho detto a Valverde che era la cosa giusta da fare in quel momento. Si è anche scusato con Morata, è stato molto maturo”, dirà Simeone.
Una maturità mostrata anche ieri al Camp Nou nella vittoria per 3-1 della sua squadra, con il suo solito stile di gioco da centrocampista completo, box-to-box. Gol, inserimenti, palloni recuperati. Un centrocampista totale per la mediana di Zidane, che ora se lo coccola e gli affida le chiavi del centrocampo, con un “Pajarito” che vuole continuare a volare.
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