Categories: Interviste e Storie

La lotta alla DDR e la vendetta di Köpenick: la storia dell’Union Berlino, la capolista della Bundesliga

Vendetta a Köpenick“, il pensiero comune che domina la capitale: anni di storia, sofferenza, discriminazione, divisione, fino alla rinascita e alla risalita. Chissà cosa penserà un tifoso dell’Union Berlino leggendo la classifica della Bundesliga e vedendo la propria squadra in testa. Gli anticonformisti al potere, quello che non hanno mai avuto, ora anche in Europa.

  

 

La guerra, il regime e la riunificazione: storia e calcio a Berlino

Gli intrecci tra la storia e il calcio sono tanti e l’Union Berlin ne è un esempio di identificazione. Gli anni del regime nazista e del post guerra hanno aumentato le divisioni. Stessa capitale, ma due palloni differenti. L’Union Berlino ha vissuto in piena lotta alla DDR (Repubblica Democratica Tedesca). Era la squadra della dissidenza, in contrasto con la Dinamo e tifare per loro era come mettersi contro le idee politche. “Eisern Union” intonavano i tifosi, un’unione di ferro che ha permesso al club di restare vivo. Ma anche in riferimento agli operari e a quella classe in cui si riconoscevano. Gli anni 60 furuno quelli della rifondazione e dell’esordio in Oberliga con il nome Union Berlin, ma anche della Primavera di Praga che non permise al club di giocare le competizioni europee. Anni di alti e bassi fino alla caduta del muro di Berlino, che ha segnato la fine della DDR e l’inizio di un nuovo calcio. Riunificazione festeggiata con un’amichevole storica contro l’Hertha davanti 51.270 spettatori.

 

 

La crisi finanziaria, il corteo a Brandeburgo e l’Europa League

Le difficoltà economiche degli anni novanta hanno portato i giocatori migliori a lasciare il club. Una crisi finanziaria e una serie di debiti che hanno negato alla società le promozioni ottenute sul campo. Licenze strappate, che hanno costretto il club a restare prigioniero della terza serie. Il fallimento alle porte ha portato i tifosi a ribellarsi con il famoso corteo di Brandeburgo, per sollecitare l’intervento degli investitori. La Nike ha fatto il primo passo in avanti, ma la vera svolta è arrivata proprio da parte dei tifosi, che con una raccolta fondi hanno lanciato l’ancora di salvataggio. Il club ha poi proseguito il suo percorso di crescita e nel 2005/2006 ha ottenuto anche una piccola rivincita contro i rivali storici della Dinamo, vicnendo per 8-0 contro la vecchia “squadra della Stasi”. Nel 2018/2019 è arrivata invece la prima storica promozione in Bundesliga, dove adesso è una vera e propria mina vagante e il quinto posto dello scorso anno, con qualificazione in Europa League, è stata la ciliegina sulla torta.

 

 

Il nuovo Union Berlino: l’odio per il Lipsia, la censura dell’inno e il condottiero Khedira

Certo lo spirito di dissidenza politca la squadra non lo ha perso, come dimostra anche l’odio sportivo nei confronti del Lipsia. La ricchezza della mutlinazionale è diventata il nemico del popolo. Il club della Red Bull ha saputo vendicarsi, non mettendo l’inno (l’Eisern Union di Nina Hagen) prima del match contro i rivali. La società si è giusiticata dicendo che c’erano alcuni ucraini allo stadio e che il loro inno era troppo simile alle note sovietiche. Dalla storia al campo, il filo conduttore è sempre presente. Rani Khedira è il condottiero della squadra, un nome d’arte, fratello dell’ex Real e Juve. Il centrocampista è il leader carismatico della squadra. Come non esserlo vista la sua storia. Cresciuto insieme a Sami a scambiarsi palleggi, anche lui ha rifiutato la convocazione dalla Tunisia (Nazione del padre) prima dei Mondiali del 2018. Un forte legame con Hammamet, la stessa città dell’esilio di Craxi, per ritornare agli intrecci storici. “Mi sento tedesco e parlo tedesco”, non ha titubato neanche un’istante. L’Union Berlin tra i sui segreti porta la firma di Urs Fischer e del suo 3-5-2. Uno Svizzero che ha riportato il potere nella capitale. Per ora la storia si ferma qui, anche se l’Union ha tutte le intenzioni di continuare a scrivere altre pagine.

Antonio Salomone

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