Forse
l’ha sognato mille volte. O forse se l’è costruito soltanto coi pensieri. La
mente. Quei viaggi ad occhi aperti coi dilemmi del caso: “E se segno, esulto?”. Chissà cosa dirà
papà. Romagnoli e la Lazio, una storia
strana. Insolita. Un amore tenuto nascosto. Una fede mai palesata a voce
alta per via del suo passato nella Roma. Martedì, però, ha rotto il ghiaccio in
conferenza stampa: “Sono laziale, da piccolo andavo allo stadio con papà…”.
Oggi
ha segnato il rigore decisivo. Oggi, forse, gli ha creato un dispiacere. Destino
strano poi. Da piccolo, a 5 anni, Alessio guardava Nesta e cercava di emularlo. Idolo vero, riferimento unico. Indossa
la 13 in suo onore. Oggi manda il Milan
in finale e non esulta per rispetto. Guarda in alto. Guarda la Curva Nord in cui andava
da bambino. Sorride. E vede il Milan: 13
partite senza sconfitte, la difesa rodata, la cura Gattuso che funziona e i
buffetti che fanno gruppo. Infine la corsa, sotto la neve che imbianca Roma
e viene giù. Di nuovo. Sotto il settore ospiti strapieno. Col derby all’orizzonte che
potrebbe riaprire la corsa Champions. Romagnoli è freddo, sembra apatico, ha
segnato al suo passato e quasi se ne vergogna. Poi i compagni lo abbracciano. Ha segnato il rigore
decisivo.
Coi ricordi che adesso, adesso sì, sono forti sul serio e fanno
stare bene. Diventano realtà. In quella porta, con la Roma, sotto la Nord, Romagnoli
segnò il suo primo gol in Serie A nel 2013. Lanciato da Zeman in un Roma-Milan,
plasmato da Tovalieri nelle giovanili, l’allenatore che lo fece diventare
difensore: “Giocava a centrocampo o sulla fascia. Sono stato il primo a spostarlo”.
Cento presenze col Milan raggiunte proprio coi giallorossi, ora è un pilastro.
Gattuso se lo coccola, lui risponde coi fatti e coi rigori. Freddo come le neve
che cade sull’Olimpico. Papà Giulio sarà contento, forse piangerà. Qualche anno
fa lavorava a “cinque euro l’ora” per
portarlo all’Oratorio di Nettuno. Sacrifici ripagati, ora il figlio gioca in A
e va in finale di Tim Cup. Da protagonista. Pazienza per la Lazio, sarà
sempre “loro”. Come ai tempi dello stadio insieme. In curva nord. Quando
Alessio sognava di diventare come Nesta e non creava “dispiaceri” al suo papà.
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