Categories: Interviste e Storie

Un po’ geometra, un po’ navigatore… Fabbrini si racconta: “I cori dei tifosi del Middlesbrough. E quel Diego…Maradona che era diventata una moda”

Anche io sono un navigatore, dai. Senz’altro sono molto, molto attaccato alla mia Pisa”. Toscana: terra di santi, poeti, navigatori… e geometri? “Se non avessi avuto fortuna nel mondo del calcio, avrei sicuramente continuato gli studi. Il problema è che alla linea con squadra e riga ho sempre preferito quella col pallone…”. Pensiero lineare, algebrico, quello di Diego Fabbrini. Sorriso e accento toscano, inconfondibile. Come il suo carattere, tranquillo e un po’ fuori dagli schemi o la sua folta chioma… “Ho sempre avuto questa pettinatura, magari prima erano un po’ più lunghi”. E’ il topic giusto per lanciare una promessa, no? “Non me li taglio tutti, lo premetto eh! (ride) Se riusciamo ad andare in Serie A gli do una bella accorciata”.

Quella Serie A che Diego ha cercato, corteggiato… e vissuto poco.
Troppo poco. Come due persone che si cercano reciprocamente da una vita, ma poi
nel momento decisivo non riescono a prendersi fino in fondo. Lui, comunque, non
ha rimpianti: sorride. “La miglior medicina per
allontanare tutte le cose negative”.
Le
sue fortune sono legate all’Inghilterra.
Vuoi per un carattere tranquillo e molto accomodante, vuoi per quelle qualità
da numero dieci che se non ammaliano, comunque colpiscono. “Mi ritengo fortunato per aver
avuto la possibilità di conoscere una cultura calcistica e di vita un po’
diversa dalla nostra. L’Inghilterra –
racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com mi ha dato tanto, mi ha arricchito.
Come uomo e come calciatore. Mi sono trovato bene dovunque sono andato e con il
cibo non ho mai avuto problemi, merito della mia compagna che mi ha seguito”.

Dal mare della sua Toscana alla classica pioggia british, poco importa. Spirito d’adattamento. Virtù fondamentale per far fronte alle varie prove che la vita – non necessariamente una ‘classica’ linea retta – ci sottopone. Si è rimesso in gioco Fabbrini, anche a me le linee rette non è che garbino tanto eh”. D’altronde lui tra le linee ci si muove, non si ferma. Belle soddisfazioni e qualche delusione: tutto normale, è il gioco del fato. “Meglio prenderla con il sorriso. La seconda esperienza al Watford, ad esempio, non è andata bene. O almeno come mi auspicavo io. Quella al Middlesbrough invece…”. Il gol contro il Bolton, “a wonder strike”. E quel paragone, anzi quella allusione estremamente aulica… a partire dal nome: “Mi ci viene da ridere… L’allusione con Maradona era nata da una battuta che fece un mio compagno in un’intervista e da lì in città era diventata una moda dirmi così”. Di conseguenza il coro personalizzato, tutti in piedi e “Diego, Diego. Oppure una canzone dei tifosi dove c’erano tutti i nomi dei calciatori spagnoli della squadra e di conseguenza anche il mio. Ma solo perché è spagnoleggiante eh…”. Sempre spontaneo, Fabbrini. Che comunque tra gol e assist un paio di soddisfazioni ai tifosi le ha regalate. E poi dai, un coro è sempre un coro… “Sì, sì ma sono tutti uguali più o meno. Cambiano solo le parole alla fine”.

Poi arriva gennaio, biglietto d’andata (ritorno) per l’Italia: direzione La Spezia. “Eh mancare mi mancava. Casa tua è sempre casa tua. Appena mi hanno chiamato, non c’ho pensato un attimo. E credo di aver fatto la scelta giusta perché ho trovato una bellissima squadra e una bellissima città”. Altro giro, altra corsa. Nuova avventura, tanta voglia di rimettersi in gioco. Il passato? Bello, ma passato (appunto). “Mi ricordo che da bambino ero pazzo di Kakà, al campetto con gli amici cercavo sempre di emulare tutte le sue mosse. E tanto per andare sul ‘cresciuto’ il debutto in Nazionale al posto di Balotelli, che dovette uscire per un infortunio. Quando mi arrivò la chiamata di Prandelli per andare a Coverciano ero a Udine a mangiare, non ci credevo”.

Spontaneo e sorridente. Combattente e navigatore. “L’importante è non avere rimpianti mai. Ognuno ha la sua storia, questa evidentemente doveva essere la mia”. Un po’ alternativa e un po’ fuori dagli schemi. Italia-Inghilterra-Italia, un bel triangolo. Con la speranza che la prossima Itaca possa essere quella giusta…

Lorenzo Buconi

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