Non è importante come colpisci, ma come incassi e hai la forza di rialzarti direbbe il buon Rocky Balboa. Questa, poi, è anche un po’ la storia del Ravenna, fallito per tre volte nel giro di dieci anni ma sempre capace di rimettersi in piedi e ripartire. Dalla B ai dilettanti, il passo è tanto breve quanto devastante: “Ma adesso c’è una società solida, che ha portato stabilità e che sta bruciando le tappe”. A ribadirlo in esclusiva a Gianlucadimarzio.com è Matteo Sabbadini, che di mestiere fa il ds e che non desiderava altro che farlo qui: “Perché l’ho sempre sognato, fin da quando da ragazzo andavo in curva. Ma per me è un po’ così, il Ravenna vale il Real Madrid”. E gli anni belli, quelli della B, Matteo li ha vissuti: “Anche se giocavo in eccellenza e qualche volta non avevo la possibilità di guardarmi le partite. Quanti ne ho visti passare da qua, da Vieri a Toldo, ma non dimentico i vari Lamberto Zauli, Cristiano Scapolo, Stefan Schwoch… che anni”. Chissà se, un giorno, anche suo figlio potrà aggiungersi a questo elenco: “Anche lui gioca qui, ma nelle giovanili. E’ solo del 2004. Si deve divertire”. Piedi buoni in campo, allenatori alle prime esperienza in panchina come Del Neri, Guidolin e Novellino, un dirigente che adesso mezzo mondo vorrebbe: “Marotta? Sì, mi hanno detto che ha lavorato qui – svela Matteo – ma non facciamo paragoni. Da allora è cambiato tutto, anche le scrivanie! (Ride n.d.r)”. Uno stadio storico, un centro sportivo all’avanguardia con campi e palestre: “E un altro interamente dedicato al nostro settore giovanile. Da poco, infatti, abbiamo riaperto il centro sportivo Darsena, un grande orgoglio per la nostra società”. Quattro anni ad allestire quella che è la sua squadra del cuore, tanti i momenti belli: “Come le due promozioni, prima in Serie D e poi in Serie C”, pochi quelli brutti: “In entrambi i casi siamo arrivati a novembre con qualche punto di distacco di troppo rispetto ai primi. I tifosi mugugnavano ma si sa, nel calcio contano i risultati. Poi abbiamo lasciato parlare il campo”. Ma c’è un giorno che Matteo vorrebbe non arrivasse mai: “Quello delle conferme a fine anno – dice – in estate ci sediamo ad un tavolo per capire chi può continuare con noi e chi non. Io sto sempre accanto a questi ragazzi, salterò massimo dieci allenamenti l’anno. Condivido con loro le emozioni e le sofferenze. Fare una selezione mi fa piangere il cuore”. Ma, alla fine, le realtà più belle si costruiscono così: “Qui a Ravenna la programmazione sta alla base di tutto. Si crede sempre nei progetti e non facciamo mai il passo più lungo della gamba, soprattutto in sede di mercato. A Ravenna arriva solo chi ci crede e sa ascoltarci”. E l’obiettivo in cui credere è soltanto uno, la salvezza: “Siamo sempre stati fiduciosi, anche nei momenti più complicati. Abbiamo perso tante partite per errori individuali pur giocandocela a viso aperto, sapevamo che prima o poi la musica sarebbe cambiata”. Così è stato. Due vittorie consecutive, contro il Mestre secondo in campionato e un Vicenza dalla classifica bugiarda. Adesso la salvezza è più che possibile: “Abbiamo iniziato la stagione consapevoli delle difficoltà a cui saremo andati incontro. Il gruppo è compatto, va dietro l’allenatore e sa di dover giocare ogni partita come se fosse una finale. Vogliamo tenerci stretta la categoria”. E volere è potere, almeno quando hai una grande convinzione dentro: “Cosa sarei disposto a fare in caso di salvezza? Potrei dire qualcosa del tipo “Andrei a Milano a piedi”, ma non lo farò. Il Motivo? Se dicessi una cosa del genere, raggiungere la salvezza potrebbe essere visto come un miracolo sportivo. Invece no, non è così. Abbiamo la convinzione di rimanere in questo campionato”. Lottare per riuscirci, ma questo Ravenna non ha paura. L’inferno lo ha già vissuto. Ha incassato, è caduto al tappeto, ma ora si è rialzato ed è pronto a colpire. Un po’ come Rocky Balboa
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