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Un Ibra da trenta e lode alza la Coppa di Lega: Gabbia-gol non basta al Southampton

“Ibrahimovic, Zlatan. Trenta”. E lode, obbligatoria. Esame passato? Tre a due per lo United contro il Southampton, doppietta di Ibrahimovic, che ha aperto e chiuso la finale di Coppa di Lega a Wembley. Trentesimo trofeo da calciatore, il secondo al Manchester United. Due su due, esattamente come Mou. Il duo del presente dello United ha avuto, sui Red Devils, un impatto determinante. Duo simbiotico decisivo, due trofei su due finali. Sette su sette in Inghilterra se si vuole estendere il discorso ad un Josè Mourinho ritornato, definitivamente, Special One.

Perchè forse il suo essere speciale era un po’ scomparso nell’ultimo periodo. E invece, eccola lì, la zampata del campione in panchina, unita a quella del campione in campo. Ibra e Mou, una cosa sola. Come uno United che vince ma non convince completamente. Eppure, vince. Perchè alla fine quello che conta sono i trofei, no? E allora basta chiedere a uno tra Mourinho e Ibrahimovic: cinquantaquattro titoli per club in due.

CIfra assurda, segno di dna vincente e nessuna voglia di smettere di alzare trofei. Per Ibra l’assillo Champions resta, ma nella notte degli Oscar, Zlatan, quello alla carriera se lo conquista di diritto. Prestazione assurda a Wembley, primo attaccante e primo difensore. Contro un Southampton che ci ha provato, ha lottato, ha gioito, ma alla fine si è arreso al re di Wembley: Zlatan.

E nel Southampton, la stella più luminosa è quella di Manolo Gabbiadini. Tre partite, cinque gol. Assurdo. “Non è un vero centravanti” dicevano di lui in Italia. I numeri di questo avvio di carriera ai Saints sembrerebbero smentire quelle malelingue. Movimenti da “nove”, gol annullati, gol segnati. Doppietta, come Ibra, peccato per Gabbiadini che non sia arrivato il trofeo. Perchè nelle finali, purtroppo, vince solo una squadra. E se davanti hai due specialisti come Mourinho (quattro Coppe di Lega vinte in carriera, come Clough e Ferguson) e Ibrahimovic, il rischio di un destino già segnato c’è. E Zlatan a fine partita: “Wherever I went, I won“. Dovunque sia andato, ho vinto. L’ha aperta e chiusa Ibra: come dargli torto.

Edoardo Marcarini

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