“La parola leader non mi è mai piaciuta, io mi metto a disposizione della squadra”. Magari Frank Tsadjout, in una delle sue tante letture sullo sport, avrà trovato frasi di questo tipo. Anche perché poi è così che lo fotografi. Silenzioso, a volte sulle sue e a primo impatto timido. Gli basta aprirsi poi per non smettere di parlare. Frank è così, ma ci torneremo. Racconti sparsi di chi lo conosce, in campo e fuori.
Le qualità non si discutono, sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. Quello che a volte è mancata è la continuità nel farle vedere. Anche perché quando è in giornata non c’è ne è per nessuno. Vedere per credere.
Venerdì sera contro la Ternana, ne ha fatti tre in colpo solo, portando i bianconeri al quinto posto in classifica. Il primo e il terzo di rapina, da centravanti vero, con quella cattiveria sotto porta che si vede ancora troppo poco. In mezzo una girata di mancino dopo aver protetto la palla in aerea. Game, set, match e pallone portato a casa. Per la prima volta in carriera tra i grandi. Che sia solo l’inizio.
Frank fuori dal campo è un ragazzo pieno di passioni. Dai libri alla musica. Lo aiutano a caricarsi, ma anche a crescere, soprattutto la lettura. Capita spesso quando viaggia con la squadra di trovarlo che legge, con le cuffie alle orecchie. Musica come colonna sonora della vita, dall’hip hop francese alle vecchie canzoni inglesi. È così da sempre. Dagli inizi a Perugia, al Milan, al Pordenone e Ascoli. Tradizioni, che usa anche prima delle partite. Venerdì ha fatto tripletta alla Ternana. Più di quanto aveva fatto in tutta la stagione tra Pordenone e Ascoli, e gli stessi che aveva fatto in un anno a Cittadella. Sotto porta deve migliorare, ma ci sta lavorando. Il Milan tanti anni fa lo scovò in un torneo di ragazzini a Perugia, in cui Frank dominava e non se lo lascerà sfuggire. Classe, giocate e anche gol. Quelli che finora tra i pro ha faticato ha trovare. Che i tre di venerdì siano un segnale. Magari è cambiata la musica.
Chi lo conosce lo racconta come uno “a cui non puoi non voler bene”. Tsadjout è uno di quelli che non parla tanto, ma a cui basta uno sguardo o un sorriso per farsi capire. In campo fuori. Negli anni è cresciuto tanto, lotta tanto per la squadra e non molla mai. L’esperienza in Belgio, al
Charleroi, lo ha formato. “Sono cresciuto molto li, ma sentivo che avevo bisogno di tornare in Italia per rilanciarmi”. Lo accoglie il Cittadella di Venturato e lui ricambia come sa: gol, sacrificio e applicazione. Li impara ad attaccare la profondità, della serie “se me la chiedono 200,volte, io ci vado 250”. Mentalità. Segnali di una crescita che sta avvenendo step by step. Il prossimo si chiama playoff e l’Ascoli si affida a lui. Tra libri, sogni e musica.
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