Un passo indietro nel rispetto dei valori del suo popolo. Oscar Guido Trejo ha detto basta. Dopo 3 stagioni con la fascia al braccio, l’argentino ha deciso che non sarà più il capitano del Rayo Vallecano. Qualcosa che si era già intuito nei giorni scorsi, quando il 35enne non l’aveva indossata nella partita contro il Cadice. Poi è arrivata la spiegazione del gesto con una storia su Instagram.
“La fascia da capitano per me non è mai stata una priorità. Dal primo giorno che ho conosciuto questo club e la sua gente ho capito che sarebbe stato il mio posto. Non so per quanto tempo avrò spazio, ma quello che so è cosa voglio: il tempo trascorso con chiunque sia qui, voglio dedicarmi a godere dei miei compagni, di giocare a calcio e della gente, di coloro che sono dentro e fuori ogni giorno, coloro che lo rendono speciale e che per me è la cosa più bella del club. Ho deciso di smettere di essere il capitano. I motivi sono tanti, ma il principale è quello di non essere d’accordo sulla metodologia o sul trattamento dei lavoratori e dei tifosi, la materia prima che rende davvero questo club importante e diverso. Nessuno dubiti che dalla mia nuova posizione, continuerò a sostenere, difendere e, soprattutto, prendermi cura di quella che, per me, ho sempre detto e dirò che è la mia casa. Ovunque io sia, sarò sempre uno in più del Santa Inés. Un grande abbraccio a tutti”, queste le parole del centrocampista offensivo argentino sui social.
Un vero e proprio fulmine, come quello presente nello stemma del club franjirojo, che lascia il Santa Ines (il vascello inglese nominato in ‘La vida pirata’, il coro più celebre della tifoseria dei Bukaneros, i bucanieri) senza il proprio capitano al timone. Una decisione maturata nel tempo, dopo tanti episodi che hanno visto protagonista la cattiva gestione del presidente Raul Martin Presa, arrivato al 12esimo anno di gestione e accompagnato da tempo dal coro “Presa vete ya”, “Presa vattene”, che risuona sulle tribune dell’Estadio de Vallecas ed è diventato virale anche come hashtag sui social.
Si tratta di episodi che non riguardano tanto i risultati sportivi, ma nella maggior parte dei casi la gestione del club, spesso provocatori nei confronti della tifoseria e della storia di un club con un’identità forte, di un popolo operaio e politicamente impegnato sin da quando faceva opposizione alla dittatura di Franco.
Dagli stipendi arretrati o non pagati, alla superficialità o il totale disinteresse con cui gestisce la squadra femminile o il settore giovanile, fino al caro biglietti e l’impossibilità di abbonarsi online per la mancanza di infrastrutture e servizi che ha portato alle dimissioni del responsabile della biglietteria.
In Spagna, l’ERTE (Expediente de Regulación Temporal de Empleo) è un meccanismo che permette alle imprese di sospendere i contratti di lavoro o di ridurre le giornate lavorative in situazioni di particolari difficoltà. E durante la pandemia, il Rayo Vallecano aveva deciso di utilizzarlo con i suoi funzionari. Una decisione che aveva provocato la reazione dei giocatori, che decisero di protestare disertando gli allenamenti per difendere i lavoratori del club. Sempre durante la pandemia, il presidente aveva invitato allo stadio Santiago Abascal e Rocío Monasterio, ovvero il leader nazionale del partito neofascista e razzista Vox, e la sua candidata alle comunali di Madrid. Quanto di più lontano alle posizioni politiche della tifoseria del Rayo Vallecano. Il tutto con un precedente del 2017, quando per tornare in Primera venne acquistata la punta ucraina Roman Zozulya, che durante la guerra nel Donbass era divenuto noto per aver sostenuto economicamente dei gruppi paramilitari ucraini di estrema destra. Una mossa che fece insorgere il popolo Rayista e la società negli anni aveva anche vietato ai tifosi di entrare allo stadio con i simboli dei Bukaneros, il gruppo ultras più caldo della tifoseria.
Inoltre, a inizio 2022 sono stati resi pubblici dei messaggi vocali dell’allenatore della squadra femminile, Carlos Santiso, che parlava di organizzare uno stupro di gruppo di una giocatrice per fortificare l’unione tra squadra e staff. Uno scandalo risolto con le scuse pubbliche dell’allenatore e la conferma in panchina, nonostante l’indignazione della tifoseria e dell’assocalciatori, alla quale il presidente ha risposto con questa frase: “Assumiamo professionisti, non persone”.
Nato a Santiago del Estero nel nordest dell’Argentina, a 9.766 chilometri da Vallecas, Trejo ha iniziato nel Boca Juniors e poi ha scritto pagine importanti in Spagna con la maglia banda rossa ispirata a quella del River Plate. Il legame dell’argentino con il Rayo Vallecano è iniziato il 15 agosto 2010 e si è dimostrato subito un giocatore fondamentale nella promozione con 9 gol alla prima stagione. Poi Maiorca, Sporting Gijon e Tolosa, prima del ritorno nel 2017 nella squadra dell’umile barrio della capitale spagnola per riportarla nell’elité. Missione compiuta nel 2018, salvo poi vivere sulla propria pelle la retrocessione del 2019. Trejo però è rimasto e ha riportato il Rayo nella massima serie, per la terza volta in carriera. Oggi è lo straniero con più presenze nella storia del club, con 270 apparizioni impreziosite da 40 gol e 25 assist. E nel 2022, El Chocota ha segnato il rigore più importante degli ultimi 40 anni del club: contro il Maiorca per la qualificazione alla semifinale di Copa del Rey.
Numeri e prestazioni, che fanno da contorno al comportamento esemplare tenuto fuori dal campo, come quando si era esposto schierandosi pubblicamente contro il presidente. “Sono qui da 10 anni e la società non ha fatto un passo avanti, ma sempre due indietro”, si era esposto così Trejo a Cadena Ser. Da questa stagione sulla maglia ha aggiunto le lettere JP, le iniziali del compianto Juan Pedro Navarro, ex responsabile della cantera del Rayo, e con il gesto forte di rinunciare alla fascia, Trejo è diventato a tutti gli effetti un simbolo del club, con cui ha un contratto in scadenza il 30 giugno 2024. Una data che potrà segnare la fine della sua esperienza con El Equipo de la Clase Obrera col quale vorrebbe chiudere la carriera, ma che in ogni caso non porrà fine al legame con la sua gente. Oltre al calciatore, c’è l’uomo. “Parte della ciurma, parte della nave”, citando Pirati dei Caraibi. Trejo, capitano eterno del Santa Ines.
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