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Trapani, una giornata amara. Ma la città ringrazia la squadra: “Siamo tristi, ma in fondo felici. Rivogliamo Cosmi”

Mettici tanto zucchero in questo caffè, che già la giornata è amara”. Nei bar di Trapani il ritornello è sempre lo stesso. Il giorno dopo la sconfitta col Pescara che è costata la serie A, le ore che passano sono dense di sospiri. Non si sprecano le parole. Piuttosto ci si parla a sguardi e ci si riconosce. “Non ho dormito un solo minuto, mi è passata davanti agli occhi l’intera stagione… Ma va bene così”. Queste le parole di un signore di 60 anni, che il Trapani lo segue fin dai campi polverosi. Tutti, ma proprio tutti hanno già imparato a memoria le parole di Cosmi, dette a caldo dopo la partita: “Avrei voluto non che il Trapani conoscesse la serie A, ma che la serie A conoscesse Trapani”. Se ancora ce ne fosse stato bisogno, l’allenatore perugino, ormai di diritto anche trapanese, ha detto le parole giuste al momento giusto. Le bandiere sventolano dai balconi, sono ancora lì, tronfie, anche nelle vetrine dei locali. “Perché dovrei toglierla? Oggi più che mai ha il diritto di sventolare”, dice una signora dalla ringhiera. Eh sì, perché di diritti si parla. Con la cavalcata che ha portato i granata ad un amen dalla serie A, non è corretto parlare di miracolo e di sogno.

Lo hanno detto i fatti che il Trapani non era lì per caso, lo hanno dimostrato i 7000 del Provinciale ed una città intera che qui si fa sul serio. Non c’è rabbia, solo la giusta delusione. I ragazzi parlano già della prossima stagione, coscienti però che nulla era dovuto e non lo sarà neanche il prossimo anno. Chissà cosa vorrà fare Cosmi, vorrà rimanere e ritentare l’impresa, o vorrà comunque andare in serie A da solo? E il direttore Faggiano? Dopo essersi per l’ennesimo anno confermato, vorrà spiccare il volo? Queste le domande ricorrenti. Un sogno che si è infranto. Negli anni ’90 a Gualdo Tadino i granata sfiorarono la serie B, ed era il 2012 quando la lasciarono al Lanciano per poi riprendersela l’anno dopo. I tifosi trapanesi quindi sanno soffrire, ma sanno anche ricacciare indietro le lacrime e,a testa alta, sanno rivendicare la gioia e l’orgoglio con quel “grazie lo stesso” che risuona come chiosa dei discorsi, prima di pagare il caffè. Sperando che l’anno prossimo sia già dolce di suo.

Stefania Renda

Redazione

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