Una valigia, un paio di scarpe di due numeri più grandi e uno zaino vuoto. La storia di Hamed Junior Traorè in Italia inizia così. La squadra era il Boca Barco, in provincia di Reggio Emilia, e per lui è stata come una famiglia. “Non aveva niente, lo abbiamo vestito da capo a piedi”. Parola di chi lo ha visto crescere e arrivare in Italia con una valigia che non aveva vestiti ma era piena di sogni. E che adesso sta realizzando, passo dopo passo. Da Abidjan alla Serie A, il suo viaggio è partito da lontano. Ora sorride, consapevole dei sacrifici fatti ma senza dimenticare da dove tutto è iniziato. Un tuffo nel passato, per entrare nel mondo di Junior. Start.
Voglia di arrivare, quella di chi vede nel calcio l’unica possibilità per cambiare vita. “Era diverso dai nostri, ma non solo tecnicamente, lo vedevi dallo sguardo che aveva una marcia in più”. Ricordi di Enzo Guerri, presidente del Boca Barco. “Pensi che quando arrivò qui non aveva neanche i documenti”. La strada non è stata facile, dal problema della lingua a quello dell’integrazione. Il calcio ha sempre risolto tutto.
Il suo viaggio si può riassumere in pochi flash. Istantanee e ricordi. “Alla prima partita pioveva e lui si presentò con le scarpe senza tacchetti. Non stava in piedi, ma non ne aveva altre. Ci abbiamo pensato noi a comprargliele poi”. Aneddoti e racconti, di chi in un anno ne ha raccolti mille. Tra questi c’è anche il suo primo allenatore, Giuliano Bertolini, che lo racconta emozionato. “Spesso lo andavo a prendere a Parma e lo portavo agli allenamenti. Vederlo ora in Serie A mi rende orgoglioso. Se lo merita davvero tanto. Mi creda, non è una frase fatta”. Di storie su Junior ne ha mille. “Le racconto questa. Lo prestiamo a una squadra per un torneo estivo. Lui gioca male, svogliato. Poi al primo tempo mi avvicino e lo incoraggio”. Mossa vincente. “Tre gol in 10’ e tutti a casa. Faceva quello che voleva”. Dominante. Oggi Dionisi sorride e se lo gode. Un po’ come Bertolini in tribuna quel giorno.
Bertolini è stato un po’ maestro e un po’ padre calcistico. Lo ha accompagnato nei primi passi della carriera. Il primo fu a Empoli. Quindici minuti e sono già tutti convinti. “Lo prendiamo”. Era il più piccolo in campo ma già rubava l’occhio. “I compagni lo cercavano e lo guardavano ammirati”. Già riferimento e guida, dopo nemmeno un quarto d’ora.
Poi con il passare degli anni Junior è cresciuto molto, sia fisicamente che di testa. “Gli hanno fatto bene un po’ di tirate d’orecchie. Da Andreazzoli a De Zerbi”. Maestri. Glielo ha raccontato anche Traorè quando è andato con loro a cena. “L’ho trovato come lo avevo lasciato da bambino. Sorridente, gentile e disponibile”. Riconoscenza al primo posto. Quella di chi sorride senza dimenticarsi da dove tutto è iniziato. La valigia ora, sarà piena di soddisfazioni e ricordi.
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