Anche Peter Pan ha detto basta. A modo suo, di getto, cambiando idea un paio di volte. Tutto vero però: “Non gioco più, mi ritiro”. Peter Pan saluta il calcio e dice addio, si toglie la tuta e non sorride più. Piange. Per una volta pure lui, sì. Lui che ha sempre sorriso. Che non si è mai buttato giù, che ha sempre perseguito un solo credo: “Prima la felicità, poi il resto”. Peter Pan è cresciuto e l’abbiamo fatto pure noi, insieme a lui. Punti di vista: nel bene, nel male, da “prendere o lasciare”. Amato, odiato, idolatrato. Perché come lui veramente pochi. O nessuno. L’abbiamo visto segnare un “gol che gli ha salvato la vita” e spaccare bandierine per una scommessa. Passare dall’Inferno al Paradiso nello spazio di un secondo, di un attimo. Come lo stop di tacco contro l’Inter o gli occhi del 2004 all’Europeo. Contro la Bulgaria. Eccolo lì, Antonio Cassano. Racchiuso in quel sottile cerchio di esistenza: il sorriso e le lacrime, tutto in un sussulto. Pensieri sparsi in balia tra l’ipotesi e il reale, tra il “ciò che poteva essere” e “quello che non è mai stato”. E mai sarà davvero: “Colpa mia”. Ha sempre detto così, prendendosi la responsabilità delle sue azioni. Molte al di là del plausibile: l’eccesso, l’oltre, il mai banale. Si è fatto portavoce di un calcio alternativo: senza bavagli, senza censure, senza peli sulla lingua. Ha diviso e mai unito. Anche nell’epilogo.
Antonio Cassano dice basta e lascia tutti senza fiato. Ancora, di nuovo. Soprattutto per come è andata a fine: lui che si ritira e ci ripensa, lui che si scusa e torna: “Stavo per fare una cazzata…”. Lui che ci riflette e alla fine la fa davvero. “Mi dispiace molto”. L’Hellas “è allibito”. I tifosi pure, gli appassionati idem. Tutti infuriati: “Buffone, pagliaccio…”. Sui social la gente si scatena. E lui? “Voglio stare vicino a mia moglie e ai miei figli”. A Carolina, la donna che “gli ha cambiato la vita”. Risponde così, Antonio, stavolta non più “Fanta” e nemmeno Peter Pan. Solo Antonio da Bari Vecchia. Punto. Quello del “gol all’Inter” e delle “cassanate”. Del “Gordito” del Real alle magie con la Samp. Quanto siamo cresciuti, Antò. Tu invece mai. Forse solo oggi, a 35 anni, di fronte al ludibrio dei social. Mostrando quelle debolezze che ti hanno reso più Antonio e meno Peter Pan. A una certa età la tuta sparisce e si diventa grandi. E’ così per tutti. Anche per te, che a Madrid “corrompevi” i camerieri per due cornetti in più: “Me li portavano in camera!”. Antò, diciamolo: hai sbagliato tanto. Troppo. E alcune “Cassanate” le potevi anche evitare: le “corna” all’arbitro Rosetti, l’imitazione di Capello, le liti con Gentile nel ritiro U21, lo scontro con Sensi che portò alla rottura con Francesco Totti. L’amico di cui rimpiange i consigli: “Se gli avessi dato ascolto sarei rimasto a Roma”. Testardo fino alla fine: “Ho fatto di testa mia e ho sbagliato, chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Amen.
Cassano si ritira e lascia un vuoto. Quello sì, perché il suo calcio è
stato unico, particolare. Figlio di Bari e dei campetti improvvisati: “Sono nato tra i mercati…”. Coi suoi tempi, i suoi dribbling, i suoi passaggi smarcanti all’improvviso.
Taglienti e di getto. In spazi quasi invisibili. A togliere quel tempo
di gioco decisivo, importante, magari funzionale al tatticismo e alla
costruzione, ma sacrificato sull’altare della pura fantasia. Del genio che sconvolge tutto e fa saltare i piani, avversari e non. Un 10 atipico. Così in tutte le piazze: da Roma – dove prima di un 4-0 alla Juve aveva “rubato le chiavi di Trigoria…”
– a Parma. Poi l’Inter, lo Scudetto al Milan e i problemi di cuore, la
Samp del “Pazzo” Pazzini. Luci e ombre dappertutto. Senza contare la sua
Bari, solo Faschetti è riuscito a capirlo: “Uno come Cassano nasce una volta ogni tanto, è un talento”. Sprecato, massacrato dalla critica, penalizzato da una “testa” che va controcorrente. Poteva andare alla Juve, ma niente: “L’ho rifiutata tre volte, vogliono soldatini che vanno sempre dritti. Io esco dai binari”. E dagli schemi. 150 gol, 4 trofei, un argento agli Europei, un’autobiografia e “700 donne”.
Oggi l’ultima “Cassanata”. Poi il saluto. Il sorriso che sparisce come
13 anni fa, dopo il gol alla Bulgaria. Tempo e spazio di Antonio
Cassano. In silenzio, in un angolo. E in lacrime. Capita pure a Peter Pan.
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