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Tatuaggi, famiglia e hasthag #77. Comprendere “Cirillo” Théréau: “Ma occhio alla pronuncia!”

Sfilza di tatuaggi sulla pelle:
“Ne ho più di 30, non posso farne a meno”.
E alcuni di essi li disegna proprio lui, tipo le ali lungo la
schiena: “Simboleggiano la libertà, il mio modo di essere”. Estro, fantasia. In campo, come nella vita. Raccontata da incisioni: sul braccio ha
la data di nascita del figlio in numeri romani, sul collo le labbra della nuova
moglie
. Sentimentale, Théréau. A modo suo ovviamente, alternativo e non comune.
Mai sopra le righe, conforme. Un incrocio tra il rapper alla Fedez e il
“baskettaro” del campetto, quello con la maglia bella larga. Ecco,
lui. Tiri a canestro e gol difficili: “Il più importante è stato quello
contro la Juve a Torino, fu una vittoria storica”.
Va pazzo per LeBron, inoltre.
Anzi specifichiamo: “Per il basket in generale”. E grazie a quel
mondo ha conosciuto pure la sua Natalie: “Faceva la cheerleader per i
Rockets”
. Storia d’amore made in NBA.

Ora Cyril gioca
all’Udinese e ha imparato anche a segnare, qualità scoperta grazie al Chievo:
“Ma non ci siamo lasciati benissimo”
. PS: resta comunque il miglior marcatore straniero della storia del club (30 reti). Con l’esultanza… alternativa. Rifletteteci,
uno come Théréau poteva mai essere banale?
Incrocia indice e medio, anulare e
mignolo. Sembra il saluto vulcaniano di Star Trek ma guai a ricordarglielo:
“L’ho pensato con i miei amici francesi, non l’ho copiato”. Nacque tutto a Privas, cittadina famosa per i marron glacés. Già, la
Francia. Anche questa tatuata sulla pelle: “Made in France”. Tifa
Marsiglia e in estate ha rischiato pure di trasferirsi al Vélodrome. Il sogno
di un bambino, di tutti. Quello che a 12 anni andava allo stadio coi genitori e si emozionava come
pochi. Unicità, stavolta: “E’ la squadra per cui ho sempre tifato, ma
sono contento di essere rimasto all’Udinese”.
Ora Delneri, 2 gol al Pescara – uno col cucchiaio, tanto per non farsi mancare nulla – e squadra presa in mano. Chiave di volta? Leggere sotto la voce: “personalità”. “Erede” di quel
Di Natale che all’Udinese ha dato tanto. Tutto: “Mi son sempre trovato benissimo con lui, un
esempio”.
Eccentrico come pochi, i tifosi lo chiamano “Cirillo” e sui social è diventato un idolo. Pure al fantacalcio, classico low cost, attaccante decisivo quanto basta e quanto serve. (se non l’avete preso, magari fatelo). Guardatelo al volo poi, di sfuggita. Non
sembra proprio un calciatore
. “Se non fossi diventato ciò che sono avrei
fatto l’idraulico come papà”.

E’ un personaggio, su quello non ci piove,
ma anche anti-personaggio. Il suo modo di essere è particolare. Motivi
intuibili: nasce come un 10 e gioca col 77. Più di un marchio. “Mi ha
convinto mio fratello a renderlo tale”.
#77 quindi. Sulla pelle (avevate
dubbi?), sul cappello, sulle maglie per casa. Ovunque. Guai a rubarglielo:
“Reira ci provò, ma vide che ce l’avevo tatuato e me lo lasciò”. Poi,
che altro? Ah, legge parecchio. Momento eh, mica Topolino o i libri
d’avventura, bensì Alain Soral e il suo “Comprendere l’Impero”.
Impegnativo e alquanto raro tra i calciatori. Comprendere…Théréau. Così. Questo perché Cyril s’interessa
pure di politica: “La seguo molto, ma non mi piacciono quei politici che
agiscono nell’interesse di pochi potenti, affamando il popolo”
. Parole
forti, semplici e decise. Coraggiose. Tant’è che alle ultime presidenziali
“ha votato scheda bianca”. Viaggia molto e si dedica alla
famiglia, suo figlio Solal è presente in ogni foto, ogni ricordo, ogni dedica. “Vivo per lui e per i miei genitori”. Occhio agli
accenti infine: “Si pronuncia Thereo, non Therò”. Unico monito. Comprendere il suo mondo non è poi tanto difficile.

Francesco Pietrella

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