A guardarlo oggi, chissà, scappa quasi un sorriso. Eccolo lì Maurito Zarate. Stellina (opaca) del West Ham. Gol? Soltanto 5. Un po’ pochini, no? Eh già, in Serie A 13 schiaffi il primo anno. Ricordi di Lazio. Stavolta, però, una nuova chance in salsa viola. Fiorentina sulle sue tracce, operazione legata alla cessione di Rossi. Delio? No, no. Il “Pepito”. Perché con Delio, beh. Erano rose, fiori e poche lacrime.
Fotogrammi di nuovo in auge di quel Zarate che fu. Tra la Supercoppa di Pechino e la Coppa Italia contro la Samp, quando “Maurito” scagliò un destro sul secondo palo. Imprendibile da lì, la “mattonella” che i laziali ricordano bene. Bei tempi, ahinoi, purtroppo andati. Perché di quel Maurito non c’è (quasi) più traccia. E’ rimasta solo un’ombra, un ritratto sbiadito dal tempo e dalle troppe occasioni sprecate. Prima alla Lazio, poi all’Inter e al QPR. “Troppo grasso…” subito bocciato a Loftus Road. Quando il destino ti prende di mira c’è poco da fare. Oggi ci (ri)prova col West Ham. Il futuro, però, dice Fiorentina.
Nuova, ennesima tappa di una parabola difficile. Incompresa. Ma se si parla di talento allora giù il cappello: dribbling, elastici, scavetti. Belli e rimpianti. Mourinho ne sa qualcosa, perché nell’anno del Triplete perse solo la Supercoppa contro la Lazio. Zarate lo fece impazzire, Rocchi e Matuzalem finirono l’opera. Poi il declino. “Bene bene” il primo anno con la Coppa Italia vinta, per dirla alla Strama (suo allenatore all’Inter, che gli fece firmare un contratto con dei bonus legati agli assist). Male, male, invece, la stagione successiva (solo 3 gol), senza contare il divorzio con la Lazio (tra infortuni da stress, tweet polemici, fughe non autorizzate alle Maldive e tanta panchina).
“Torno a Formello a fare il pastore per un anno”. Pensieri inequivocabili, malumori. Forse la pressione di un ingaggio da top, forse il peso specifico elevato e i tanti soldi spesi (circa 20 milioni). Mistero. Perché Maurito è un po’ come Gourcuff: preferisce la tranquillità ai riflettori. I sorrisi alle pressioni. I colpi di classe alla pre-tattica. Solo così riesce a dare il meglio. Il primo anno di Lazio era il piacevole oggetto misterioso: doppietta col Cagliari all’esordio e bum, bum, bum.
Stilettate una dopo l’altra, fino al derby. Poi i dissidi, quel “cucchiaio” di Udine sbagliato e infine l’addio. Contro il Genoa, all’Olimpico, la sua ultima partita. Adios. Oggi si gode Londra insieme alla bella Natalia e a sua figlia Mia, col fardello di “ciò che poteva essere” e che non è mai stato. Forse ha sprecato il suo talento. O forse è stata solo un’illusione. O forse, chissà, gli serve soltanto l’ennesima chance. Fiorentina pronta a concedergliela.
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