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Tacopina e Zenga, le due versioni del Venezia. Ma per ora si va avanti insieme

“Se non avete domande ditemelo che me ne vado”. Joe Tacopina è una pentola a pressione. Il suo Venezia (una sola vittoria negli ultimi due mesi e mezzo) mastica di nuovo amaro dopo il 2-3 contro il Perugia: l’ombra dei playout una minaccia, l’esonero di Zenga la domanda che tutti si pongono nel post partita. È il momento più delicato della sua gestione. L’intera sala stampa aspetta il presidente, nessuno osa rompere il ghiaccio prima di lui.

“Walter è ancora l’allenatore del Venezia. E lo rimane fino a quando avrò fiducia in lui. Il problema è che abbiamo perso la nostra mentalità, mancano gli attributi. Ditemi voi perché”. Un gol subito venti secondi dopo il pareggio di Segre, errori banali, una ripresa al piccolo trotto anziché all’assalto. “Non voglio più vedere nel mio spogliatoio giocatori che non lottano”.

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Ma l’Uomo Ragno non è d’accordo e butta acqua sul fuoco. “Lo sapete com’è Joe. Vuole un bene dell’anima al Venezia e per questo a caldo non si contiene. Anche voi, a fargli troppe domande…”. Chi glielo spiega a Zenga, com’era iniziata la conferenza di Tacopina.

“Mi ritrovo a commentare un risultato bugiardo. C’era solo una squadra in campo e quelli eravamo noi”, continua l’allenatore. Che davanti alle telecamere torna in sé: ironico, protagonista, in controllo. Non come nell’arco dei 90 minuti. “Sta tranquillo, non ho problemi a tornare a casa mia”, aveva ribattuto a qualche parola di troppo volata dalla tribuna centrale del Penzo. E al fischio finale schermaglie con Kouan, che dalla panchina del Perugia non aveva evitato di esultare a pochi passi da lui. Ci è voluto l’intervento di Nesta per placare gli animi.


“Che nessuno metta in discussione il mio lavoro, i soldi che guadagno, la serietà di questi ragazzi”. Zenga è trasparente. “La contestazione dei tifosi ci sta. Ma se pensate che molli nel momento peggiore vi sbagliate di grosso. Con Tacopina abbiamo parlato, analizzato, discusso. Spaccare i tavoli non serve. Il Venezia lo tiro fuori io dai casini”.

Almeno per ora. “Ovviamente la mia pazienza non è infinita”, si era congedato il presidente dalla stampa e da Venezia. Domani di nuovo in volo per New York: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Francesco Gottardi

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