Mano agitata, a dorso alto, e “mammamia” servito: gesto sostanzialmente profetico, in reazione alla splendida girata di Piątek, per quello che sarebbe poi stato un secondo tempo perfetto, anche a livello personale. Oasi rivitalizzante in un deserto di difficoltà che sembrava non finire mai, per Hakan Çalhanoglu: tornato a farsi sentire, e in maniera decisiva, in uno degli appuntamenti più importanti per l’obiettivo Champions della sua squadra.
Rinascere su un campo che ha visto tanti giocatori trasformarsi in maniera totale, lato avversario e atalantino: indirizzare il Milan verso i tre punti finali, con un destro secco e preciso, testimonianza concreta di quella “balistica importante” che finalmente riemerge. E in cui Gattuso, giornata dopo giornata, non ha mai smesso di credere: schierandolo titolare sempre e comunque, alla ricerca di quella serenità perduta anche per motivi (familiari) extra campo, e riportandolo a trovare fiducia e gol. 9 mesi dopo l’ultima volta in campionato, con la punizione realizzata contro la Fiorentina: ultimo squillo prima di un silenzio tombale, interrotto solo dai fischi del suo pubblico.
Incedibile e inamovibile per il suo allenatore, in un concetto ribadito anche in maniera secca: amato e apprezzato da tutti, all’interno del gruppo rossonero, che tra pacche sulle spalle e carezze lo ha portato alla liberazione di stasera. Corsa verso la panchina, dopo il gol, e intero gruppo tra squadra e staff tecnico a sommergerlo: unione che fa la forza di una squadra vogliosa di tornare a respirare aria di grande Europa, cavalcando l’onda realizzativa di un bomber scatenato che, almeno per stasera, finisce per condividere con un grande sorriso il tabellino realizzativo di uno scontro diretto fondamentale.
Reazioni e reazione, insomma, al termine di una serata che fa felice tutto l’ambiente rossonero: quelle che vedono Çalhanoglu coinvolto dopo il pari di Piatek, unico zoom su un primo tempo complessivamente opaco, e post gol del vantaggio; quella che ha portato tutti a vedere il turco, stile tempi di Leverkusen, giocare con un linguaggio del corpo completamente diverso, sventagliando a memoria e crossando (con assist e con qualità). Merito di chi di credere in lui non ha smesso mai, allontanandone una partenza non improbabile, tra pacche e carezze: da Gattuso a Kessie, sempre con quella mano di mezzo. La stessa del “mammamia” riferito a Piątek: non conscio che più tardi, finalmente, gonfiare la rete sarebbe toccato anche a lui. Con un diagonale dritto all’angolino e al cuore di quel mostro di difficoltà che ora, dopo la tappa nell’oasi di Bergamo, fa molto meno paura.
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