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Super Januzaj, un gol a Kaliningrad non è una sorpresa

Lo guardi segnare un gol così e pensi ai tanti anni buttati per strada. Troppi. Poi leggi il suo nome, ti viene in mente la sua storia e sai che fai? Sorridi. Perché soltanto lui avrebbe potuto segnare a Kaliningrad. Lui, Adnan Januzaj. Quello che anni fa, dopo l’esordio lampo col Manchester United, avrebbe potuto scegliere 5 nazionali: Belgio in virtù del passaporto (è nato a Bruxelles nel ’95), Kosovo, Serbia o Albania per i genitori, Turchia per i nonni. Conteso e richiesto. L’elogio della multiculturalità e dell’integrazione, in gol in una città che fino al ’45 non era neanche russa, bensì tedesca e patria di Kant. 450mila abitanti in un’enclave tra Polonia e Lituania. In breve, la città “meno russa” di tutto il paese, piuttosto “russificata” dopo la fine della guerra.

Kaliningrad si chiamava Königsberg, era la capitale della Prussia orientale e tutt’oggi, nonostante l’insabbiamento sovietico, si parla ancora tedesco. Il caso ha scelto Januzaj e ha deciso che avrebbe segnato un “golazo” proprio qui, all’Arena Baltika, intrecciando storie diverse dal filo comune. Storie culturali, che toccano le origini e le scelte, la storia stessa e le bandiere. Oggi anche il pallone. Sinistro a giro sotto l’incrocio e Inghilterra seconda. La “sua” Inghilterra.

Il Manchester lo prese dall’Anderlecht a 16 anni pagando 300mila euro, Moyes lo fece esordire in prima squadra, lui segnò una doppietta contro il Sunderland dopo pochi giorni. Giggs, infine, gli consegnò la storica numero 11. Perfino Ferguson restò estasiato: “Januzaj è un giocatore magnificamente completo”. Complimenti a pioggia, responsabilità consequenziali: Adnan non ha retto il peso dei Red Devils dispensando talento intermittente in giro per l’Europa, dal Borussia Dortmund alla Real Sociedad, dove quest’anno ha segnato 4 gol. Lo chiamavano predestinato, l’hanno bollato come “bidone” nonostante abbia solo 23 anni. Lui, del resto, non ha mantenuto l’hype dei tempi inglesi, restando sempre in disparte cullato dal talento. Almeno fino a quest’anno. Ha lavorato, si è impegnato, ha capito che bisognava ricominciare da capo in una piazza giusta, guadagnandosi il Mondiale. Tra le varie nazionali, inoltre, avrebbe potuto scegliere perfino l’Inghilterra: se non avesse optato per il Belgio, dal 2018 sarebbe stato convocabile in virtù dei 5 anni trascorsi a Manchester. Alla fine ha vinto… il passaporto. Oggi regala a Martinez il primo posto nel girone rispondendo a tutte le pretendenti: in questo Mondiale c’è anche il Belgio. E Januzaj, grazie a Kaliningrad.

Francesco Pietrella

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