Strefezza (Imago)
Quando c’è, gioca sempre. Tra acquisti e modifiche tattiche, nei diversi cambiamenti del reparto offensivo c’è un giocatore negli equilibri e schemi di Fabregas c’è sempre: Gabriel Strefezza. Indispensabile nella testa dell’allenatore spagnolo. Esterno d’attacco, interno di centrocampo, trequartista e fantasista: diversa posizione, solita e concreta resa. E forse è in questo che va ricercato il suo essere speciale e così fondamentale per e nella squadra. È passato ormai un anno dal suo arrivo a Como nello scorso mercato invernale. Una la missione: la Serie A. Pochi mesi per diventare protagonista e realizzatore di quel sogno. Pochi mesi per entrare nel cuore dei tifosi. Ma, forse, è diventato qualcosa di più. Qualcosa di altro. Con l’Udinese un gol e un assist decisivi per la vittoria. Un elemento essenziale per il funzionamento e la creazione di un’idea. L’idea è di Cesc Fabregas. Sul Lago dirige Gabriel Strefezza, l’equilibratore del Como.
Un viaggio… latino. Il cammino di Gabriel si divide tra i colori e i suoni del Sud America e dell’Italia. Culture simili fondate sulle note dell’amore e della passione. E di un pallone naturalmente. Già, partiamo da quel pallone. Strade brasiliane, un bambino e il nonno di origini italiane al suo fianco nell’inizio del suo percorso: “Da quando avevo otto anni, mio nonno mi accompagnava a tutte le partite e agli allenamenti perché i miei genitori lavoravano entrambe. Era sempre al mio fianco e mi ha sostenuto per tutta la mia carriera fino alla fine. Era sempre calmo e molto amichevole, mi considero proprio come lui”. Un esempio per la vita. Un amore ricambiato, aiutando il nonno a realizzare il sogno di visitare l’Italia, il Paese dei suoi genitori: “Gli ho fatto mangiare la pizza italiana, una cosa che aveva sempre voluto fare. È stato bellissimo. Pochi mesi dopo è morto a causa di problemi cardiaci, ma sono davvero felice che abbiamo potuto condividere quei momenti e vivere il nostro personalissimo sogno.”
L’Italia è diventata casa. La seconda. La prima, il Brasile, la lascia appena diventato maggiorenne. Non facile. Da poco aveva avuto la prima figlia insieme alla sua futura moglie, conosciuta a 15 anni. Poi il volo direzione Italia: “Sono venuto da solo. Giocavo nella Primavera della Spal, non conoscevo la lingua, la cultura, nulla. Un’esperienza dura ma che mi ha fatto crescere tanto“. Da ragazzo a uomo, anno dopo anno. Partendo dalla famiglia. La moglie Larissa e le bimbe, Manuela e Madalena e il cane Sofi: “Quando mia moglie e la mia figlia maggiore sono arrivate in Italia dopo un paio d’anni che ero qui, è stato come se fossi diventato di nuovo completo”. La cucina, tra l’amore per la carbonara e i piatti brasiliani cucinati grazie ai consigli della mamma. E poi il legame con la chiesa evangelica, gli idoli Cristiano Ronaldo e Ronaldinho e il “suo” numero 7. A Lecce si è affermato, a Como la definitiva maturità calcistica: la concreta fantasia di Gabriel Strefezza.
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