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Strasburgo, che storia: dal fallimento al sogno Champions in undici anni

A Strasburgo di ‘Europa’ si sente parlare ogni giorno. In città, infatti, è presente la sede del Parlamento europeo. Eppure, a cinque km di distanza, allo Stade de la Meinau, per la prima volta dopo tantissimi anni, si inizia a sentire la stessa parola: oggi il Racing Club Strasbourg Alsace sogna davvero di tornare in una competizione europea. Il club è quarto in Ligue 1 e sta vivendo una stagione straordinaria. La svolta è arrivata quest’estate, con la scelta di affidare la panchina a Julien Stéphan, giovane emergente e vero artefice e regista dell’impresa di questa squadra, che sfida le grandi senza paura né complessi. E infatti spesso vince. Come mercoledì sera, contro il Rennes, una delle squadre più in forma del campionato: 2-1 e terzo posto agganciato. Se non fosse per la differenza reti, lo Strasburgo sarebbe sul podio. La Champions League non è quindi più un miraggio, e sarebbe la straordinaria chiusura di un cerchio, aperto nel 2011 quando il club dichiarò il fallimento e ripartì dalle serie dilettantistiche. Undici anni più tardi a Strasburgo si pensa alle magiche notti di coppa, contro i campioni.

 

Strasburgo: dal fallimento al sogno Champions

Il dramma sportivo avvenne nel 2011. Dopo una doppia retrocessione, lo Strasburgo fallì per bancarotta. Riacquistato per un simbolico euro, il club ripartì dalla quinta divisione (in Italia sarebbe l’Eccellenza), per una risalita verso l’élite del calcio francese che trovò il suo culmine sei anni dopo, nella stagione 2016/2017: primo posto in Ligue 2 e promozione in Ligue 1, che mancava dal 2008. Da quell’anno, lo Strasburgo si è sempre salvato tranquillamente, togliendosi anche la soddisfazione di alzare la Coppa di Lega nel 2018 (la terza della sua storia). Oggi però le ambizioni del club sono del tutto cambiate.

Ed è tutto merito della filosofia di gioco, non certo di spese folli. Perché lo Strasburgo la scorsa estate ha sborsato quattro milioni e mezzo per i nuovi acquisti, e basta. Giovani di prospettiva che sono andati a completare una rosa già promettente. Coach Stephan ci ha poi messo la sua mano: ci è voluto un po’ perché i giocatori capissero i meccanismi del nuovo allenatore, ma poi la macchina ha iniziato a funzionare alla grande. Dopo le prime tre giornate, in cui era arrivato un solo punto, lo Strasburgo ha iniziato a vincere. Prima tra lo stupore generale, poi affermandosi come realtà vera e autentica, come una squadra che gioca bene e che si merita i punti che ottiene. 

 

 

Chi è l’allenatore, Julien Stéphan

Gran parte del merito va appunto all’allenatore: Julien Stéphan. È il figlio di Guy, il secondo di Deschamps nella nazionale francese, e ha una storia un po’ alla Bielsa. Julien da ragazzo gioca a calcio, è un centrocampista di qualità, ma il suo vero desiderio è allenare. A 26 anni molla tutto (era passato anche dalle giovanili del PSG) e prende i diplomi da allenatore. Inizia nei settori giovanili: Drouais, Chateauroux, poi Lorient e infine Rennes. Prima l’Under 17, poi l’Under 19, la squadra riserve e poi la prima squadra che porterà a vincere la Coppa di Francia contro il PSG di Neymar e Mbappé. Un’ascesa forte, dovuta al suo carisma, alla sua leadership e alle sue competenze. Non si fossilizza su un modulo, si adatta alle caratteristiche della sua squadra. A Rennes prediligeva il 4-3-3, ora a Strasburgo gioca col 3-5-2 o col 3-4-2-1. È un adepto della filosofia secondo cui si difende col possesso palla e attaccando. Studia gli avversari per cercare di dare più soluzioni possibili alla sua squadra. E dalla teoria, si passa alla pratica senza troppi problemi: le sue squadre giocano davvero bene e divertono.

 

 

La rosa

Valore complessivo della rosa dello Strasburgo: 102 milioni circa (dati transfermarkt). Il Rennes, terzo a pari punti ma sopra solo per la differenza reti, vale più del doppio (224 milioni), il Lione – oggi ottavo – più del triplo (344), il Monaco – oggi quindo ma a pari punti con lo Strasburgo – ancora di più (350). Eppure, lo Strasburgo è lassù, tra le grandi. I fari della squadra sono Ludovic Ajorque, attaccante di 28 anni che ha conosciuto la Ligue 1 solo quattro stagioni fa (12 gol quest’anno), Kevin Gameiro, tornato nel club che lo lanciò nel lontano 2008, dopo le esperienze con PSG, Siviglia e Atletico Madrid, e Dimitri Lienard, vera bandiera del club, presente dal 2013, da quando il club era in terza divisione. E poi ci sono tanti talenti: da Djiku, Nyamsi e Doukouré in difesa, Bellegarde e Ibrahima Sissoko a centrocampo e Habib Diallo e Moise Sahi Dion in attacco, quest’ultimo un classe 2001 che ha segnato alla sua seconda partita assoluta in Ligue 1 contro il PSG, nella scorsa stagione. Ma comunque, più che i singoli, è il gruppo che funziona. 

Oggi lo Strasburgo è quarto in classifica, a pari punti con il Rennes terzo che oggi disputerebbe il preliminare di Champions League. Sono lontani i tempi in cui il club eliminava il Liverpool e andava a un passo dal buttar fuori anche l’Inter in Coppa UEFA (era la stagione 1997/1998). Nel mezzo c’è stato un fallimento e una storica risalita che non sembra arrestarsi. Anche perché lo Strasburgo con Stéphan ha trovato un motivo valido in più per non porsi limiti. E per tornare a sentir parlare di Europa. Non più solo in Parlamento. 

Andrea Campioni

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Andrea Campioni

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