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Spinazzola: “La vittoria della Conference è stata la chiusura di un cerchio. Tutti si scordano che sto rientrando da un infortunio”

“Dopo la finale vinta quella sera ci siamo detti ‘non sappiamo quello che abbiamo fatto, lo sapremo solo al nostro ritorno a Roma‘. E quel giorno per me è stata una liberazione dopo un anno incredibile e un chiudere il cerchio”. Inizia così il racconto di Leonardo Spinazzola al podcast della Romadove il terzino giallorosso si è raccontato.

Prima di ripercorrere la sua carriera, il numero 37 della Roma ha spiegato perché ha chiesto al ct Mancini di non essere convocato per le due gare di Nations League: “Sì, è stata una mia richiesta, il mister mi ha concesso questi dieci giorni per lavorare, per rimettermi a posto e fare dei lavoro specifici che mi mancano da luglio. È da luglio che non faccio nulla per il polpaccio. Gli ho chiesto questa cortesia e lui mi ha capito“. 

Roma, Spinazzola si racconta

Inevitabilmente, Spinazzola ha parlato dell’infortunio che ha subìto a Euro2020 e che lo ha fermato per circa un anno: Io penso che questo infortunio sia uno dei peggiori per un calciatore. È il peggiore anche per le mie caratteristiche che si basano sulla velocità. Qualcosa mi manca sull’appoggio, quando devo andare sull’avanpiede, però cerco di riprendere il più possibile”.

Il terzino ha poi rircordato la sua infanza: “Da bambino stavo sempre fuori, sotto casa a giocare a calcio e nascondino. Prima era diverso, tutti i bambini stavano sotto casa a giocare. Non c’era la tecnologia, non c’erano telefoni ed era stupendo. A scuola ero un po’ zuccone (ride, ndr), però ho sempre avuto la testa sulle spalle, educato e rispettoso. Però mi piace e mi piaceva divertirmi”. 

 

Sempre a giocare con il pallone, con degli idoli ben chiari: “La Roma nel mio destino? Sì, mi piaceva Batistuta, poi con Totti e Cassano insieme era troppo bello vederla giocare. La Roma è sempre stata bella da vedere, con grandi giocatori che ti facevano divertire molto. Io sono sempre andato dietro ai giocatori, non alle squadre. Ho iniziato con Batistuta, quando segnavo esultavo con la mitraglia come lui. Poi Ronaldo, di cui avevo la cassetta e la guardavo tutti i giorni provando a rifare le sue finte. Poi Rui Costa, prima io ero trequartista, ero un dieci, lui era elegante e mi piaceva. Poi mi piaceva molto Kakà e ho seguito il Milan. Ovviamente anche Totti e Del Piero, sempre giocatori di fantasia”.

Il primo grave infortunio della carriera di Spinazzola è arrivato a 14 anni e in quell’occasione il terzino ha pensato di smettere: “Sono andato via di casa quando avevo 14 anni per andare al Siena. Non è stato facile, perché mi sono allontanato da tutte le comodità della famiglia e dagli amici. Poi dopo un mese, mi hanno fatto un’entrata sulla caviglia. Sono stato fuori due mesi ed è stata tosta. Dovevo andare a scuola per forza perché altrimenti mi avrebbero cacciato. Ogni giorno con le stampelle facevo un chilometro per andare a scuola, ho passato sei mesi davvero difficili, ma è normale perché a 14 anni sei molto piccolo. Poi mi sono abituato. Non ho smesso, anche grazie all’aiuto della famiglia, ogni volta che mi sentivano un po’ strano al telefono prendevano la macchina e venivano”.

Inizialmente Spina giocava da esterno alto, ma poi è diventato terzino. È lui stesso a spiegare questa sua trasformazione: Per fare l’esterno offensivo devi avere quei 15 gol per stare ad altissimi livelli. Io 15 gol non li faccio da 15 anni (ride, ndr). All’età di 16 anni facevo gli Allievi, ma salivo con la Primavera dove c’era Baroni come allenatore. Lui mi disse che per lui dovevo fare il terzino. Io a 16 anni ero un po’ strano con le mie idee, per me o era bianco o era nero. Poi potevo sbattere contro un muro, ma resto fino alla fine con la mia idea. Quindi gli risposi ‘No mister. Io devo giocare esterno alto. Impossibile’. E lui mi ha fatto tornare con gli Allievi, non mi ha più chiamato in Primavera. A 21 anni a Siena ho fatto per la prima volta il quinto con Beretta allenatore e mi trovai molto bene. Poi l’anno dopo non trovavo spazio all’Atalanta da esterno alto. L’anno successivo ho giocato a Perugia con Bisoli da terzino puro a quattro e da lì è stato tutto in crescita”.

Poi, l’esterno ha raccontato un aneddoto su Totti: “Io sono arrivato in Nazionale che c’era Buffon. Dopo un anno che ci giocavo insieme avevo ancora paura di parlare con lui, sempre. Lui ti metteva proprio a tuo agio, ma era più forte di me. Come Totti, l’ho visto a Roma-Atalanta sotto al tunnel, ho detto ‘Oddio’ e me ne sono andato, non l’ho salutato“. 

 

Della sua avventura all’Atalanta ricorda soprattutto i faticosi allenamenti: “A livello sportivo lavorare con Gasperini è incredibile, ti fa crescere davvero tanto. Soprattutto fisicamente cresci in maniera esponenziale, con lui credo di aver messo 5-6 chili di muscoli. Poi anche nelle giocate ti apre, forse anche perché sei più lucido in partita facendo quegli allenamenti. Anche chi saliva dalla Primavera, con il suo modo di giocare faceva bene. È incredibile, però è una fatica pazzesca. Il primo anno senza coppe europee è stato lunghissimo, dal secondo con le coppe doveva gestire di più. Ma il primo anno è stato incredibile, infatti ho parlato con Rafa (Toloi, ndr) e mi ha detto che quest’anno senza coppe è di nuovo così”.

Poi, il trasferimento alla Juve e infine l’arrivo alla Roma: “Mi è mancata continuità alla Juve, ma anche perché – e tutti se lo scordano, ancora adesso – venivo da un crociato. E ora da un tendine. Se lo scordano tutti, di tanti non se lo scordano ma di me se lo scordano spesso, che io devo rientrare prima. Va bene, tranquilli. Lì però c’è stato anche un movimento di tante cose dietro, ma io sapevo che venire qua e cercare di giocare con più minutaggio in una grande piazza con grande pressione potevo crescere ancora di più. E così è stato”.

Infine, ha parlato dell’importanza di Mourinho per la squadra: “Stiamo con lui e qualsiasi cosa dice gli andiamo dietro. Se ci dice di fare la guerra, noi facciamo la guerra. È così. Ha questo dono. Poi tutto quello che dice, per la maggior parte si avvera. Lui è molto tranquillo in allenamento, veramente. Non so come fosse in passato, ma è veramente pacato. Alcune volte osserva e basta dall’alto. A lui piace più osservare come ti muovi, come muovi il corpo, il body language, osserva molto queste cose”.

Redazione

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