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Spalletti a 360°. Scherza, esorta, scruta la sua Roma. Il regalo di compleanno? Contro il Real, meglio

Fa il serio. “Se facciamo un gol può cambiare tutto”. Ma sa pure scherzare, auto-ironico:  “Cos’ha trovato El Shaarawy in me? Beh… sicuramente non i capelli”. Ringrazia, cortese. “Io al Real? Sono cose belle da sentirsi dire…”. Ma al cuor non sa comandare: “Spero di restare alla Roma finché posso”. Il tono resta sempre molto garbato, educato: il ‘lei’ è d’obbligo per Luciano, se non conosce poi figuriamoci, il minimo. Quando gli scappa un ‘ti’ si corregge all’istante. Preciso, puntuale, pulito anche nella punteggiatura. Ricorda l’impresa di otto anni fa ma preferisce parlare delle sette vittorie consecutive in campionato. D’un tratto prende parola la giornalista spagnola sulla sua destra, parte in quarta con una domanda all’ennesima velocità. Spalletti prima s’acciglia confuso, poi replica sincero, fin troppo forse: “Mi scusi, ho già problemi di mio, se parla così velocemente…”. Esperienza palese di chi sa controllare certe emozioni: i flash non lo scompongono, nemmeno di striscio. Anzi, si riflettono sulla sua pelata e via, rimbalzano lontano. Un Luciano di personalità conquista l’intera sala stampa del Bernabeu, che poi convinca i suoi ragazzi lo sapremo solo domani ma le premesse sono come sarebbero dovute essere: “Chi non crede che l’impresa sia possibile non lo faccio nemmeno allenare”. E quello che dice il campo è proprio lo specchio della sua mentalità, fiducia che evapora da qualsiasi pori possibile. Salah il più sorridente, vola con e senza palla al piede. Quando l’egiziano fa bene un ‘bravo, bravo Momo’ in italiano. Quando c’è da rimproverarlo allora ecco che sfodera il suo inglese: “When the ball is open…”. Pjanic sempre nel palmo della sua mano, nella mano un po’ di tutti a dir la verità. Tranne di Szczęsny, l’unico fuori dal coro degli elogi soprattutto dopo aver subito un gol da centrocampo: “Ma ha tirato da metà campo?” ci chiediamo meravigliati in tribuna. Già, geniale di un bosniaco. Uno Spalletti che dispensa consigli a Digne, Dzeko, Perotti e Iago ‘entra, entra!’ oppure ‘lungo’ o ‘bene’ ma si rabbuia quando vede uscire Nainggolan dal campo, dolorante. Silenzioso e con il cappello giù, quasi davanti agli occhi, non proferisce rumore alcuno quando nota un Totti ciondolante e incazzato più del solito: ’10’ che se ne va sconsolato 15 minuti prima del termine della rifinitura, non parteciperà nemmeno ai tiri in porta. “Eh, perché non gioca” mi dicono. Immagino. Anche se spero entri: domani la sua (potenziale) ultima al Bernabeu? Luciano Spalletti che sa sorridere timido timido quando un giornalista in coda alla sua domanda gli (e ci) ricorda un piccolo dettagli0 di giornata: “Ah mister, comunque auguri”. E dopo sei/sette quesiti era anche ora, no? Sono 57, caro Spalletti. Ma il regalo meglio stasera, grazie: per una notte di Champions da ‘impossible is nothing’. Luciano apprezzerebbe di più.

 

Matteo Moretto

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