“Aveva sempre i guanti con sé”, alle origini di Yann Sommer

Sorriso in volto, sguardo concentrato e consapevole, poco interessato ai riflettori. Conta il campo.
Yann Sommer è così. Lo è sempre stato. Un antieroe, fin da piccolo. Quando gli altri bambini volevano fare gli attaccanti, lui ha sempre preferito la porta. “All’inizio della stagione, ho chiesto alla squadra se qualcuno volesse fare il portiere”, racconta Daniel Schuhmacher, il primo allenatore dello svizzero all’FC Herrliberg. “Io”, la risposta decisa del piccolo Yann. “Si è subito offerto, aveva già pronti i suoi guanti. Li portava sempre con lui”.
Una tradizione di famiglia. Un ruolo che già avevano avuto “il papà e lo zio. Entrambi hanno giocato in porta anche nei massimi campionati svizzeri. Un talento… genetico. Insomma, tale padre, tale figlio“.
“Pronto Daniel, potrei portare Yann lì da voi?”. “Avevo giocato con lui in prima squadra all’FC Herrliberg”. A sette anni inizia l’avventura. Ad ambientarsi ci mette poco. A lui interessa giocare. Giocare e migliorare. “Il calcio per lui era tutto”. E il talento impiega poco per emergere: “Dopo alcune partite fu evidente la sua bravura. Nel suo comportamento, nei movimenti e nel coraggio, nonostante l’età. Era eccezionale. Una cosa del genere si era vista raramente prima. Si muoveva come un portiere esperto, ma era solo un bambino”.
La mentalità, però, è quella di un adulto. “In lui viveva un’enorme ambizione all’epoca, un tratto che lo caratterizza ancora oggi. Era un piccolo professionista”. Nulla è lasciato al caso. Lavoro, sacrificio, attenzione a ogni dettaglio. Come nella decisione di frequentare “un corso di formazione per portieri organizzato dal nostro club”. In quegli anni era facile trovarlo lì da solo a esercitarsi: “Spesso era il primo ad arrivare in campo. E si allenava già con suo padre. La sua ambizione e la sua determinazione lo hanno accompagnato ogni giorno e lo hanno portato dove è oggi”. Oggi, con la maglia dell’Inter a giocarsi una finale di Champions.
La cartolina e la Champions
Un ragazzo dai valori autentici. “E non è cambiato. Pensate che dopo anni senza sentirci, un giorno ho ricevuto una lettera con sua una cartolina autografata”. “Al mio primo allenatore“, la dedica speciale. “Che emozione. Ogni tanto ci sentiamo ancora. Continuo a seguire la sua carriera con grande gioia e orgoglio, che giochi per un club o per la nazionale”.
“Aveva sette anni la prima volta che l’ho incontrato, guardate dov’è ora. È stato fondamentale nel percorso in Champions dell’Inter. Ha dimostrato la sua grandezza, rispondendo anche alle critiche ingiuste che ha ricevuto da tifosi e stampa, soprattutto a Monaco”. Con un augurio: “Vincere la coppa, sarebbe il coronamento della sua carriera”. Con una particolare attenzione agli autogol: “Dieter Good, membro del consiglio direttivo del nostro club si vanta sempre di essere stato il primo a segnarli due gol. Peccato che era un suo compagno di squadra. Possiamo dire che ora Yann giochi così bene anche perché fin da giovane ha dovuto preoccuparsi anche dei suoi difensori”.
Gli allenamenti con il padre
L’esperienza all’FC Herrliberg dura due anni. La famiglia si trasferisce. Dal Lago di Zurigo alla regione di Basilea. È il 1996, l’anno sta per finire, il telefono di Stephan Gloor, al tempo responsabile del settore giovanile dell’FC Concordia Basilea. “Vorrei portare mio figlio Yann nella vostra società”. “Come mai ha chiamato noi e non il Basilea?”. “Siete uno dei migliori settori giovanili della Svizzera”.
Gloor rimane subito impressionato dal giovane portiere: “A 13 anni il suo obiettivo era quello di entrare nella nazionale svizzera di calcio. Una determinazione incredibile”. I genitori giocano un ruolo fondamentale: “Lo hanno sempre accompagnato e sostenuto. Suo padre è stato il suo modello in molti ambiti. È stato anche il suo preparatore dei portieri nella categoria U14 e U15”. Porta e non solo: “L’allenatore del tempo in alcune partite gli fece fare l’attaccante. Non la prese bene, buttò via gli scarpini da calcio”. Quegli scarpini li ha rimessi poco dopo. Lo hanno accompagnato nel suo sogno. Yann ce l’ha fatta.