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Dietro il gol, un’intuizione. Soleri, l’oro della Roma che giocava a centrocampo

AAA cercasi attaccante: “Erano tutti infortunati, io giocavo a centrocampo e mi provarono davanti…”. Come va, va. Ergo bene: “Da allora non mi hanno più tolto”. Lunga vita al caso, al destino, alla dea bendata. “Devo ringraziare Roberto Muzzi, è stata un’ottima intuizione”. Oggi ancor più nitida, chiara. Perchè oggi, Edoardo Soleri, ha regalato alla Roma la Coppa Italia segnando di tap-in contro l’Entella (finisce 2-0, la chiude Marchizza su rigore). Gol decisivo (il 31esimo stagionale!) e via, braccia larghe. Niente dita incrociate stavolta: Lo faccio per Harden, un giocatore di basket che mi piace molto. Lo voglio imitare, porta bene”. Appassionato di NBA, roba da restare svegli fino a tardi: “Seguo Cleveland!”. Col calcio, però, pensiero fisso fin da bambino: “Ho iniziato a 5 anni”. Non a Roma, bensì in Brasile. Sud America. “Mio padre lavorava lì, ricordo che giocavamo in spiaggia a Rio de Janeiro. Una volta comprai la maglia numero 9 di Ronaldo, quella della Nazionale”. Infanzia latina.

Infine l’Italia, Roma. Il papà va a Torino a lavorare con la Fiat, lui resta nella Capitale insieme alla mamma. Scelte di cuore, di vita, di carriera. Perché in poco tempo arriva la chiamata del Futbol Club e la storia continua. Nuova maglia, stesso sogno. Galeotto fu un torneo, fortunata fu la Roma. Allievi, Primavera, prima squadra. Fino all’esordio in Champions League col Bate Borisov: “Un’emozione unica, indescrivibile”. Quasi da non crederci: “Il giorno dopo pensavo fosse ancora la notte della partita”. Merito di De Rossi senior, di Garcia e di Roberto Muzzi, fautore di quell’intuizione fortunata: “Quando mi consegnarono la rosa era un centrocampista. Non mi serviva, nel ruolo ero coperto. Ma quando gli dissi di provare a fare il centravanti, rispose di no…”. Soleri cambiò idea in poco tempo e oggi se la ride, ringraziando Muzzi. E anche le “sfacchinate” della mamma: “Fa tanti sacrifici per portarmi su e giù a Trigoria, mi aspetta per ore in macchina da sola”. Highlander.

Idolo? “Dzeko”. Anche se si ispira a Toni e studia da Lewandowski. Risultati? Ottimi. Lo score di quest’anno parla chiaro: 31 presenze, 31 gol (23 in campionato, 3 in Youth League e 5 in Coppa Italia, con 5 triplette stagionali). Già superati gli 8 di due anni fa e i 14 della stagione precedente, dove ha vinto lo Scudetto Primavera da protagonista. Altro giro, altro trofeo quest’anno: 4 reti all’Inter e Supercoppa in bacheca. Bomber. Titolare nel tridente, longilineo. Sguscia via tra i centrali fa valere il fisico. Forte di testa, di piede, anche veloce. Un tipo tranquillo. Classe ’97 all’ultimo anno in Primavera, dal prossimo dovrà confrontarsi coi grandi. Personalità, carattere, ne ha e li dimostra. Sognando, infine, la prima presenza in Serie A: “E’ un obiettivo, mi piacerebbe ripercorrere la carriera di Florenzi”. Un sogno. Come la Coppa Italia appena conquistata.

Francesco Pietrella

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