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Senegal, che atrocità. Africa, inferno russo

Questione di centimetri delle volte. Questione, anche, di cartellini. Beffardo il calcio, in Senegal ne stanno avendo l’ennesima dimostrazione. Sono loro i primi della storia ad uscire da un Mondiale per il fair-play. Due cartellini gialli in più rispetto al Giappone, che ringrazia la sorte e passa il turno nonostante la sconfitta rimediata da una Polonia già eliminata. Sei a quattro il conto. Beffa, atroce.

Solo una batosta del genere, forse, poteva togliere il sorriso ad una Nazionale che con la sua allegria stava contagiando tutti. I tifosi che dopo la partita si mettono a pulire gli spalti, i loro eroi che iniziano gli allenamenti a passi di danza. L’esultanza del loro condottiero, Aliou Cissè, che diventa un meme. Lui, il capitano di quella storica spedizione del 2002 che raggiunse i quarti di finale. Proprio come il Camerun di Roger Milla nel 1990 e il Ghana nel 2010. Voleva ripetere l’impresa del suo allenatore e maestro Bruno Metsu, che lo guardava dall’alto dopo essere volato via cinque anni fa per un tumore al colon. Sentiva di avere tutto per farlo. Da Koulibaly a Manè, i due pilastri di una squadra in cui sono ormai tanti a giocare nei massimi campionati europei. Fra questi anche Niang che, probabilmente, ricorderà più la delusione dei due cartellini gialli presi nelle tre partite giocate piuttosto che il gol decisivo segnato alla Polonia.

Il Senegal a questo Mondiale ci arrivava benissimo, dopo aver dominato il girone di qualificazione con Burkina Faso, Capo Verde e Sudafrica. Ci arrivava dopo aver rigiocato una partita che, un anno prima, la FIFA aveva ritenuto non valida. Colpa dell’arbitro dell’incontro, il ghanese Lamptey, che prima fischia un rigore tanto dubbio quanto fatale per il Senegal e poi si fa arrestare essendo finito all’interno di un giro di scommesse clandestine dedito all’over 2,5 (quella partita finì 2-1). Un anno dopo la replica e la musica è completamente diversa.

Ma, soprattutto, il Senegal ci arrivava come la squadra africana più forte, come la speranza di un continente. Il risultato, però, alla fine si traduce in disfatta, perché nessuna è riuscita a qualificarsi agli ottavi. Non succedeva da 36 anni, da Spagna ’82. Lì erano in due: c’era il Camerun, che uscì da terza classificata alle spalle di Polonia e Italia, e l’Algeria, dietro Austria e Germania.

In Russia non è andata meglio dicevamo. Il Marocco, infatti, chiude ultimo ad un punto dopo le due sconfitte con Portogallo e Iran e il pareggio all’ultima giornata con la Spagna. Peggio ha fatto l’Egitto di Salah, che torna a casa a quota zero dopo aver chiuso con la rimonta subita dall’Arabia Saudita. Male anche la Tunisia, che saluta la Russia ribaltando in rimonta Panama. Meglio la Nigeria, che ci ha sperato fino alla fine. Poi il gol beffa di Rojo e la pazza esultanza di Maradona il congedo dal torneo. Infine, appunto, il Senegal, che ha fatto più punti di tutti. Ma non è bastato, perché delle volte il calcio è così. Ingiusto e beffardo. Buio anche. Per il calcio africano mai così tanto da 36 anni a questa parte.

Simone Golia

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